Milano, Piazzale Loreto.
10 agosto 1944, ore 5:45.
Un autocarro si fermò in mezzo alla piazza.
A bordo vi erano soldati e 15 uomini. Erano stati prelevati dal carcere di San Vittore.
Essendo molto presto, c’erano pochissime persone in giro.
Le vie d’accesso erano sorvegliate da un piccolo gruppo di militi della Brigata Nera “Aldo Resega”.
Altri uomini armati della GNR e della Legione “Ettore Muti” attendevano i prigionieri.
I 15 uomini, in silenzio, scesero dall’autocarro e si schierarono davanti alle armi puntate.
Il capitano Pasquale Cardella, comandante del plotone della “Muti”, urlò ordini e parole di condanna verso di loro.
Silenzio.
Improvvisamente uno dei 15 urlò qualcosa. Tutti insieme tentarono la fuga, cercando un posto in cui ripararsi, corsero, si dispersero.
Due raffiche di mitra. Qualcuno cadde a terra, nel sangue, mentre altri ancora cercarono di fuggire.
Un’altra raffica, poi un’altra, gli ultimi caddero a terra morenti.
I corpi erano sparpagliati ovunque. Il sangue scivolava lento intorno a loro.

I militari li trascinarono in un mucchio, tra risate e urla, un misto di euforia e rabbia.
Sui cadaveri venne messo un cartello: QUESTI SONO I GAP SQUADRE ARMATE PARTIGIANE – ASSASSINI.
I corpi vennero lasciati esposti fino a sera, con la guardia attenta dei fascisti. Nessuno li poté toccare per ore, nessuno li poté portare via, perché quei giovani uccisi dovevano rappresentare un monito per tutti: quella sarebbe la stata la fine degli oppositori al regime.
Rimasero sotto il sole tutto il giorno, coperti di mosche, fino alle 20 circa.
furono pubblicamente vilipesi e oltraggiati in tutti i modi.
Una rappresaglia pesante, in risposta ad un attacco dell’8 agosto: la mattina di quel giorno esplosero due ordini, contro un camion tedesco, nel tratto di Viale Abruzzi che porta a Piazzale Loreto. Nessun soldato della Wehrmacht era morto, solo un autista, Heinz Kuhn, rimase ferito in modo lieve. A morire furono 6 passanti, tutti italiani, mentre altri 11 rimasero feriti.
Se ci fossero state vittime tra i tedeschi, sarebbe stato applicato il bando Kesselring: “10 italiani per un tedesco”. Nonostante l’esito dell’attacco, l’ordine della rappresaglia arrivò lo stesso dal capitano delle SS Theodor Emil Saevecke, comandante per la Lombardia della Polizia e Servizio di sicurezza.
Saevecke decise di procedere per cercare di arginare quanto stava accadendo a Milano in quel periodo: nelle fabbriche gli operai si erano organizzati per scioperare contro il governo dell’RSI e contro l’esercito di occupazione; alcune donne avevano liberato dai treni alcuni rastrellati destinati ai campi di concentramento. Ma il fatto più importante fu la nascita in città, nel febbraio di quell’anno del CNLAI, Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia.
Quando la notizia dell’eccidio di Piazzale Loreto si diffuse, il partigiano Don Giovanni Barbareschi andò dall’arcivescovo di Milano, cardinale Schuster, chiedendogli di andare a impartire la benedizione alle salme, ma il cardinale gli chiese di andare lui stesso, nonostante fosse ancora diacono.

Don Giovanni cercò di ricomporre al meglio i corpi ammucchiati.
Cercò nelle loro tasche messaggi di addio che potevano aver scritto alle famiglie.
Si inginocchiò e pregò per loro.
Quando si alzò e si voltò, si accorse che tutta la folla presente si era inginocchiata con lui.
Poi fu allontanato da un milite della “Muti”.
L’anno successivo, nello stesso luogo furono esposti i cadaveri di Mussolini, della Petacci e di 18 gerarchi fascisti. A benedirli tornò lui, Don Barbareschi.
A perire quel giorno furono:
- Gian Antonio Bravin – 28 febbraio 1908 – commerciante
- Giulio Casiraghi – 17 ottobre 1899 – tecnico della Ercole Marelli
- Renzo del Riccio – 11 settembre 1923 – operaio meccanico
- Andrea Esposito – 26 ottobre 1898 – operaio
- Domenico Fiorani – 24 gennaio 1913 – perito industriale
- Umberto Fogagnolo – 2 ottobre 1911 – ingegnere alla Ercole Marelli
- Tullio Galimberti – 31 agosto 1922 – impiegato
- Vittorio Gasparini – 30 luglio 1913 – laureato in economia e commercio, dirigente della Bombrini Parodi Delfino
- Emidio Mastrodomenico – 30 novembre 1922 – agente di PS al commissariato di Lambrate
- Angelo Poletti – 20 giugno 1912 – operaio presso l’Isotta Fraschini
- Salvatore Principato – 29 aprile 1892 – appena ventenne
- Andrea Ragni – 5 ottobre 1921 – partigiano
- Eraldo Soncini – 4 aprile 1901 – operaio alla Pirelli Bicocca
- Libero Temolo – 31 ottobre 1906 – operaio alla Pirelli Bicocca
- Vitale Vertemati – 26 marzo 1918 – meccanico
Il comandante dei GAP, Giovanni Pesce, negò sempre che quell’attentato potesse essere stato compiuto da qualche unità partigiana.
Ricordiamo Piazzale Loreto per il loro sacrificio…