Wounded Knee, South Dakota, 29 dicembre 1890. Nella neve rossa di sangue disseminata di cadaveri, una donna Sioux gravemente ferita striscia attraverso l’aria gelida ed immobile provando a raggiungere la vicina riva del fiume. Lo vede in lontananza, è il “cankpe opi wakpala” che significa “il torrente dove il ragazzo si ferì ad un ginocchio”. L’indiana si muove lentamente, a fatica, cerca di non attirare su di sé l’attenzione dei soldati che ancora stanno sparando all’impazzata su chiunque si muova: uomini donne o bambini. La vista le si annebbia e le forze cedono ma, continuando a sopportare il peso del “chuwic-inpa”, la caratteristica culla ancorata sulla schiena, raggiunge un riparo vicino ad un cumulo di neve. Stremata esala l’ultimo respiro, accasciandosi sulla bambina di 4 mesi nell’ultimo disperato tentativo di protezione materna.
Quando l’esplosione di follia ha termine, Piede Grosso e più della metà della sua tribù di Sioux Miniconju giacciono morti o gravemente feriti; le vittime accertate saranno 153, ma molti dei feriti si allontaneranno strisciando e moriranno in seguito, portando il numero di uomini, donne e bambini massacrati a quasi 300. Fra i soldati si contano 25 morti e 39 feriti, per la maggior parte colpiti dalle loro stesse pallottole. I superstiti Sioux, 4 uomini e 47 tra donne e bambini, vengono raggruppati sui carri e trasferiti subito nella riserva di Nuvola Rossa (1) poiché appare chiaro che prima di sera si scatenerà una tempesta di neve. Nessuno si accorge della bambina di 4 mesi che resta al gelo, semi nascosta dal corpo della madre. Il 2 gennaio 1891, 4 giorni dopo il massacro, il blizzard è finito. La temperatura resta proibitiva, vicina ai 40 gradi sotto lo zero. Un gruppo misto di soldati e indiani, inviati da Pine Ridge per la sepoltura delle vittime, trova i numerosi cadaveri, compreso quello di Piede Grosso, congelati in posizioni grottesche. Viene allestita una grande fossa comune, il fotografo immortala la scena e quegli attimi tragici faranno il giro delle città dell’Est generando ogni genere di polemiche e indignazione. Qualcuno scorge la piccola, ha gli occhi aperti, nonostante i sintomi di congelamento è viva e piange. Sembra l’ultimo debole vagito di libertà di un popolo morente. Il medico della guarnigione, dr. Eastman, si prende subito cura di lei, notando che ha un piccolo copricapo ricamato con perline ed un fiocco rosso, un braccialetto al polso. La porta subito a Pine Ridge e la consegna ad Annie Yellow Bird, infermiera della tribù di Nuvola Rossa, in grado di allattare la piccola. Nessuno la riconosce e Annie decide quindi di chiamarla Nintkála Nuni che in lingua Lakota significa “uccello perduto”.

La banda di Miniconju di Piede Grosso era stata intercettata il 28 dicembre da due squadroni del 7° reggimento cavalleria (2) lo stesso reparto annientato sotto il comando di Custer 15 anni prima a Little Big Horn (3) proprio dai Sioux di Toro Seduto e Cavallo Pazzo. Si dice che la gente di Piede Grosso si riunisse nelle cerimonie sovversive di Wovoka, la cosiddetta “danza degli spiriti” che prometteva un mondo nuovo e libero, un mondo senza gli uomini bianchi. Per questo i coloni erano spaventati e per questo l’esercito batteva la pianura: tutti i ribelli dovevano essere disarmati e condotti nella riserva di Pine Ridge. Pare poi che un Miniconju, un certo Black Coyote, probabilmente un indiano mezzo sordo che non aveva ben capito l’ordine, si fosse rifiutato di consegnare il proprio fucile e che avesse dato inizio allo scontro a fuoco. Non è chiaro cosa o chi abbia scatenato la sparatoria ma una cosa è certa: gli uomini del colonnello Forsyth avevano usato 4 cannoni Hotchiss piazzati sulla collina, sparando proietti da 37 mm. sull’intero accampamento. Falciando tutto e tutti, indiscriminatamente, senza pietà. Questo però la piccola sopravvissuta non lo può sapere. Del suo ritrovamento viene messo a conoscenza il generale di brigata Leonard Wright Colby, un uomo potente, comandante delle truppe del Nebraska e responsabile della campagna militare contro i nativi ostili nell’area di Pine Ridge. L’ufficiale si presenta alla famiglia Yellow Bird insieme a tale Burke, agente pubblicitario di Buffalo Bill (di cui Colby è intimo amico). Insieme pensano che adottare la piccola indiana potrebbe essere un ottimo viatico per la carriera politica del militare, un mero gesto di propaganda e di pubbliche relazioni. Egli infatti di lì a poco viene insignito di medaglia d’oro per il brillante successo militare conseguito nella battaglia di Wounded Knee e, davanti al fotografo ed alle sue truppe, Colby solleva il piccolo corpicino dicendo: “Questa bambina appartiene alla guardia nazionale del Nebraska e a me che ne sono il comandante. La mia personale reliquia nella guerra dei Sioux“. L’adozione, inoltre, è stata decisa senza neanche consultare la consorte, Clara Dorothy Bewick, che al momento è lontana dalla casa di Beatrice nel Nebraska, per un convegno. Clara infatti, di origine inglese, letterata docente e scrittrice, è anche attivista “suffragetta” e, grazie alla delega del congresso degli Stati Uniti, da anni si batte per il diritto di voto alle donne. La bambina viene chiamata Margaret Elizabeth Colby, ma la madre adottiva continua a conservarle il nome nativo.

Purtroppo per il piccolo Uccello Perduto le premesse nella nuova e ricca famiglia coloniale sono tutt’altro che bene auguranti. Già nei primi anni di vita le cose non sono semplici, i genitori non vanno d’accordo. Leonard è un rigido conservatore mentre Clara è di idee progressiste, altruista e caritatevole, spesso impegnata ad aiutare i senza tetto e gli emarginati; cresce però la piccola bambina con un amore avvolgente, senza riuscire a valorizzare la sua vera identità e nascondendole la cultura nativa da cui proviene, sperando così di farne un giorno una futura donna nella società dei bianchi. Mentre Clara è spesso lontana per congressi e conferenze, Leonard abbandona la famiglia avviando una relazione con la giovane tata di Lost Bird. All’età di 9 anni la bambina scopre in soffitta i poveri indumenti di quando è stata trovata, il braccialetto, il copricapo di perline. Cresce subito in lei il desiderio di capire di più, di tornare tra la sua gente; è confusa, frustrata e di indole ribelle. Clara vuole farla diventare un cigno ma lei si sente un’aquila. I contatti che Nitkala ha con i ragazzi della sua età sono spesso deleteri, rivelano il razzismo strisciante verso i nativi adottati. La madre è costretta a farle cambiare spesso scuola, prova ad inserirla nelle scuole residenziali per bambini indiani a Haskell nel Kansas e a Chamberlain nel South Dakota. A 17 anni Zintkala scappa da Chamberlain e raggiunge Wounded Knee: piange davanti alla fossa comune dove riposa la sua gente. Capisce di essere stata solamente un trofeo in mano ai vincitori di un massacro. Forse di un intero genocidio. Fa perdere le sue tracce per diversi giorni, fino a quando Clara la ritrova e, disperata senza sapere più come comportarsi, decide di mandarla a stare per qualche tempo con il padre adottivo. Pochi mesi dopo la ragazza rimane incinta. Il figlio nasce morto e, sebbene il padre sia sconosciuto, alcuni storici sospettano che Lost Bird sia stata abusata sessualmente da Colby. L’Ufficiale in ogni caso se ne disfa dopo pochi mesi rinchiudendola in un riformatorio per ragazze madri a Milford, nel Nebraska. Un girone dell’inferno: le ragazze sono segregate in ambienti piccoli e malsani, costrette con camice di forza. Devono redimersi dai peccati commessi e la penitenza per loro è essenziale. Passa un anno e la madre riesce a farla uscire, portandola con sé a Portland, nell’Oregon. Clara non ha soldi e vive in ristrettezze, nonostante l’agiatezza dell’ex marito. Zintkala conosce un giovane attore franco canadese, lo sposa. Ma lui la picchia e, dopo poche settimane, le attacca la sifilide. Zintkala lo caccia di casa, il matrimonio è finito. Grazie alla sua conoscenza con l’amico del padre, Buffalo Bill, la ragazza viene scritturata saltuariamente dal Wild West Show, partecipando anche ad alcuni film muti negli studi di Vaudeville.

Poche comparse qua e là che non le evitano una vita di stenti e indigenza. Vani si rivelano anche tutti i suoi tentativi di conoscere la storia della propria famiglia naturale. Prova con tutte le sue forze, ma senza riuscirci, ad emergere da una condizione di emarginazione e malattia: nel 1915 interpreta Pocahontas all’esposizione Panama-Pacifico di San Francisco. L’anno dopo la madre muore, Zintkala ne soffre molto, vorrebbe tornare ancora a Wounded Knee ma si sente rifiutata sia dagli indiani che la giudicano ormai una bianca, sia dai bianchi perché per loro è visibilmente un’indiana. Probabilmente si prostituisce per tirare avanti, le sue condizioni di salute sono pessime. Finalmente si risposa con un giovane circense e, con il nuovo marito, tenta miglior fortuna ad Hanford in California. Ha due figli ma uno muore dopo pochi giorni, mentre l’altro è costretta a darlo in adozione ad una donna nativa della baia, sua conoscente, visto che lei è malata, quasi cieca e non ha i mezzi per mantenerlo. Ormai debilitata si ammala anche di influenza spagnola e muore il 14 febbraio 1919 all’età di 28 anni. Le sue spoglie vengono sepolte in una povera tomba di Hanford e vi rimangono nell’anonimato per molti anni. La triste storia di Uccello Perduto emerge dalle nebbie del tempo nel 1981, allorquando una scrittrice del Nebraska, Renee Sansom Flood, entra in possesso di una vecchia fotografia del 1891, nella quale un borioso ufficiale dell’esercito tiene in braccio una piccola bambina nativa. Sul retro della foto c’è la scritta “Zintkala Nuni, Lost bird, trovata nel campo di Wounded Knee quattro giorni dopo la battaglia, a fianco della madre morta e da me adottata”. La scrittrice avvia delle accurate ricerche che durano dieci anni. Nel 1991 Renee ritrova i resti della ragazza in California e, grazie alla fondazione “Lost Bird society”, riesce a farli trasferire a Wounded Knee, vicino alla fossa comune dove riposa la povera madre. Là dove tutto era cominciato in quel gelido inverno del 1890. La cerimonia si svolge l’11 luglio alla presenza dei rappresentanti di dieci tribù delle pianure settentrionali e viene presieduta da Arlo Looking Horse, guida spirituale della nazione Sioux e custode della sacra pipa.

Renee Sansom Flood pochi anni dopo raggruppa i numerosi documenti acquisiti e pubblica il best seller “Lost bird of Wounded Knee – Spirit of the Lakota”. Il libro, prendendo spunto dalla breve vita della sfortunata ragazza, diventa un atto di denuncia contro le adozioni arbitrarie di moda negli Stati Uniti d’America ed in Canada (4) fino almeno agli anni ’70 del ‘900. Ogni cittadino americano di buona volontà poteva guadagnarsi una fetta di paradiso salvando un bambino indigeno dalla povertà della tribù, anche solo facendone richiesta al tribunale competente, per farlo crescere nella verità dei bianchi, sia essa cattolica, mormone o battista. Ciò avveniva con il minimo sforzo, senza che la famiglia naturale potesse opporsi, indipendentemente dalle sue condizioni socio economiche. Fino al 1978 non si doveva nemmeno consultare le autorità tribali. Intere famiglie native americane sono state distrutte per assecondare il motto “uccidi l’indiano e salva l’uomo”, coniato nel 1879, un anno prima del massacro di ginocchio ferito, dal Capitano Richard Henry Pratt, fondatore della “Carlisle Indian Industrial School” della Pennsylvania, la prima scuola residenziale per bambini nativi da adottare.