La spoliazione dei prigionieri nei lager nazisti

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Il gruppo di prigionieri addetti alla spoliazione degli effetti personali dei deportati veniva chiamato nel gergo del lager il "Canada"...
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Il gruppo di prigionieri addetti alla spoliazione degli effetti personali dei deportati veniva chiamato nel gergo del lager il “Canada”.
Con la stessa parola veniva indicato anche il magazzino dove questi effetti venivano conservati. Qualsiasi bene personale venisse tolto a un prigioniero, entrava a far parte delle proprietà del Reich.
Vestiti, oggetti di vario genere, denaro, gioielli, tutto ciò che poteva avere un valore economico veniva sottratto al legittimo proprietario per essere caricato su treni appositi che partivano per finire nel centro operativo del Reich.
Una volta sottratti i beni materiali, iniziava il vero e proprio sfruttamento degli individui, che una volta entrati nel campo di concentramento perdevano la propria identità diventando un numero.
Le guardie del campo erano solite definire i prigionieri come “pezzi”.
Anche dopo la morte, i prigionieri continuavano ad avere un valore economico: capelli, scarpe, dentiere, occhiali, protesi,  ecc., venivano strappati ai cadaveri di coloro che finivano direttamente alle camere a gas, per essere poi inviate alle imprese naziste, che avevano il compito di trasformare quanto ricevevano in prodotti da immettere sul mercato.
Ad esempio, i capelli delle vittime, erano venduti alla ditta Alex Zink, che fabbricava della tela di crine.
L’oro e le pietre preziose andavano ad alimentare il tesoro delle SS e la Banca Centrale del Reich.
Una ricchezza costruita sul dolore e nel sangue…

BIBLIOGRAFIA

Da uno studio della Fondazione di Auschwitz

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