Itinerari americani. Da Albuquerque a Gallup

Tempo di lettura: 9 minuti

Fotografia di Sergio Amendolia

È molto difficile descrivere un itinerario del nord America senza, da un lato, fare indegnamente il verso a competenti ed accurate guide turistiche, oppure, dall’altro, ai numerosi scritti che si sono avventurati in tutte le maniere più approfondite e diversificate nel sogno americano. L’intenzione è quindi solamente quella di provare a testimoniare alcuni brevi percorsi alternativi in una terra immensa, che al viaggiatore, comunque egli la pensi, non potrà restare indifferente.

New Mexico occidentale

DA ALBUQUERQUE A GALLUP

Albuquerque, con i suoi 560.000 abitanti è la città più popolosa del New Mexico, adagiata sull’arida pianura che dal deserto di Chihuahua porta all’altopiano del Colorado. Qui il viaggiatore può beneficiare degli infuocati e spettacolari tramonti che appaiono dalle montagne che circondano la città, di un rosa brillante dovuto alle grandi scogliere di granodiorite, in contrasto con le ampie e verdi distese di boschi di conifere. Forse è per questo contrasto che le Sandia mountains hanno preso il loro nome da una parola spagnola che significa anguria. La storia recente di Albuquerque è simile a quelle di molte città dell’ovest che hanno visto prima la dominazione spagnola, poi il selvaggio west, la ferrovia ed infine l’industrializzazione. La “old town” conserva praticamente intatta la sua struttura ottocentesca, con mercatini e negozietti di artigianato che mantengono vive e ben presenti le tradizioni delle numerose popolazioni pueblo che abitano l’area del rio grande da migliaia di anni. L’area dell’odierna città è stata probabilmente frequentata anche dai popoli nomadi di stirpe Navajo, Apache e Comanche, come dimostrano le prove di antichi scambi commerciali tra i diversi gruppi nativi.

Albuquerque indigenous public art

A testimonianza di ciò, tra i numerosi eventi che ogni anno si svolgono ad Albuquerque, è senz’altro da segnalare il più grande pow wow indiano del nord America, che si tiene il quarto fine settimana di aprile. Oltre 565 tribù indiane provenienti da tutti gli Stati Uniti e 220 dal Canada mettono in atto sgargianti e spettacolari competizioni con canti, suoni di tamburi, gare, sfilate di cavalli e cavalieri e varie altre iniziative, il tutto in una fantasmagorica cornice di abiti tradizionali e cerimoniali.

Route 66

 Albuquerque è anche attraversata dalla Route 66. I primi viaggiatori su quella che è poi diventata la “strada madre” del mito americano – raccontata da scrittori come Steinbeck e Kerouac – sono apparsi in città nel 1926, con la conseguente costruzione di decine di motel, ristoranti e negozi di souvenir. Ancora oggi diverse di queste attività risalenti ai primi anni del secolo scorso sono là, dove sono nate, vissute e morte, come fantasmi che non vogliono andarsene, simboli abbandonati e ormai decadenti della grande fuga ad ovest negli anni ’30 della grande depressione e, poi negli anni ’50, dell’anarchico bisogno di libertà della beat generation. E proprio percorrendo la mother road verso ovest, che in alcuni tratti corre parallela alla intestate 40, si lascia Albuquerque per entrare nello scenario selvaggio del New Mexico occidentale, fino al confine con l’Arizona. Per arrivare a Gallup, la cosiddetta capitale della riserva Navajo, si può abbandonare la strada principale e, facendo un vasto giro largo, avventurarsi piacevolmente nella vasta area naturale che gli spagnoli chiamarono El Malpais (terra cattiva), un paesaggio vulcanico riccamente diversificato che offre solitudine, svago e scoperta. Aride praterie e scogliere di arenaria si aprono attorno ad una strada che si snoda tra colate di lava, grotte e sentieri escursionistici. I ranger del parco consegnano cartine dettagliate di quella che loro chiamano, per le diverse ed estreme escursioni termiche, la terra del fuoco e del ghiaccio.

El Malpais vulcano Bandera

E’ infatti la terra del fuoco per la presenza del vulcano Bandera, esploso circa 10.000 anni fa, che rappresenta uno dei migliori esempi del Nord America (e anche uno dei più facilmente raggiungibili) di cono di scorie eruttate, attorniato da estesi campi di lava solidificata. Un comodo sentiero di quaranta minuti si inerpica tra i pini ponderosa cresciuti nelle nere rocce laviche, conducendo fino alla panoramica imboccatura del cono vulcanico.

El Malpais Ice cave

Ma è anche la terra del ghiaccio, poiché poco lontano dal vulcano è possibile visitare una grotta, ricavata in un tubo di lava collassato, dove la temperatura non supera mai i 2 gradi sotto lo zero. Nella caverna, per lo strano fenomeno naturale, sono presenti da oltre 3.400 anni diversi strati di ghiaccio, ben isolati termicamente dalla lava porosa e modellata proprio per intrappolare l’aria fredda. Il sentiero che scende fino alla grotta del ghiaccio è lungo 400 metri, ma in venti minuti lo sbalzo di temperatura può superare anche i 30 gradi. Il luogo è considerato sacro per le popolazioni native da oltre mille anni. Muoversi nella vastità dell’area può veramente regalare al viaggiatore emozioni silenziose ed introspettive, lontano dai percorsi turistici di massa, spesso le uniche presenze di vita sono rappresentate dai villaggi indiani pueblo di cultura Acoma, Laguna e Zuni, eredi degli antichi Anasazi che popolavano l’intera zona. Queste popolazioni che vivono prevalentemente di pastorizia ed artigianato, condividono il territorio con i Navajo che occupano a nord la più grande riserva indiana degli Stati Uniti.

Acoma Pueblo

Proseguendo verso ovest si lascia El Malpais per giungere all’antica mesa di El Morro. La montagna svetta imponente sulla pianura desertica della contea di Cibola, verso Gallup. Quello che oggi è stato dichiarato monumento nazionale è incastonato tra la riserva Navajo di Ramah a sud e quella degli indiani Zuni ad ovest. Le enormi lastre di roccia arenaria conoscono da sempre l’impronta umana. Attraverso scale e sentieri scavati nella roccia dagli antichi abitanti si arriva sulla sommità della mesa dove, sferzati dai venti della prateria, resistono i resti di villaggi dei pueblos ancestrali, che attorno al 1200 d.c. raggiungevano anche i 1.500 abitanti. Il viandante può solo immaginare il lento scorrere della vita tra i resti di oltre 800 casupole in ciottoli ed argilla, cortili, cisterne per l’acqua, kiwa quadrati e circolari; vi sono ancora oggi camere sotterranee che per centinaia di anni hanno costituito importanti centri religiosi e cerimoniali per la comunità. La pianura era irrigata e coltivata con mais, essenziale alimento che veniva conservato e macinato per il sostentamento delle famiglie native.

El Morro

I discendenti degli antichi abitanti, gli odierni indiani Zuni, chiamano la mesa “Atsinna” ossia “luogo delle incisioni sulla roccia”. È anche questo un luogo sacro, parte di quella patria ben più ampia dell’attuale riserva federale. L’emozione ed il rispetto assalgono oggi il turista che, percorrendo il sentiero che costeggia l’immensa montagna, osserva nel silenzio i numerosi segni rupestri, le impronte delle antiche mani, degli antichi simboli. Ma la Storia della pietra narra anche di invasioni, di violenze, soprusi e prevaricazioni. La limpida fonte che sgorga tra le canne ai piedi della mesa, infatti, rappresenta l’unico pozzo di acqua potabile sulla pista che dal New Mexico conduce in Arizona. Molti sono stati i conquistadores spagnoli prima ed i coloni americani dopo, che si sono spinti sotto la sacra montagna, lasciando anch’essi incisioni e scritte a testimonianza del loro passaggio. Vuoi per imitare gli antichi abitanti, vuoi per affermare il nuovo dominio. Tra le scritte più significative quella dell’esploratore Antonio de Espejo, spintosi con una spedizione dal Messico alla ricerca di alcuni frati francescani scomparsi nel tentativo di convertire i nativi dell’area. La sua sosta fu registrata sulla roccia l’11 marzo 1583.

El Morro incisioni rupestri

Ma la firma più tristemente famosa è certamente quella di Don Juan De Onate, Governatore del Nuevo Mexico che registrò il suo passaggio il 16 aprile 1605, circa sette anni dopo aver attaccato e massacrato senza pietà gli oltre 500 abitanti del Pueblo Acoma, la città del cielo. Soldati, sacerdoti, avventurieri, ingegneri topografici, costruttori della ferrovia Union Pacific, cowboys, pittori e artisti vari, si sono fermati e abbeverati dal 600 all’800 lungo le limpide acque di El Morro. Ognuno di essi ha lasciato un proprio segno sulla roccia fino al 1906, allorquando il Presidente Theodore Roosvelt ha inserito l’area storica tra i monumenti nazionali, allo scopo di preservarne il patrimonio. Superando El Morro si attraversa una vasta e arida prateria, fino a Gallup. La cittadina di circa 20.000 abitanti, è nata nell’800 attorno alla costruzione della ferrovia “Atlantic e Pacific Railroad”. Oggi si trova ai margini delle riserve indiane ed è abitata, infatti, prevalentemente da nativi di etnia Navajo, Hopi e Zuni. Pur non essendo particolarmente turistica è anch’essa tagliata in due dalla route 66 che conduce in Arizona con alcuni negozietti a tema. Interessante il Centro Culturale, con un museo di arte e cultura dei nativi americani. Frequenti nella piazza antistante gli eventi tradizionali che coinvolgono bambini e ragazzi, organizzati dalle varie scuole tribali della zona.

Gallup manifestazione ragazzi Zuni

Lasciando Gallup, in direzione ovest sulla route 66, si lascia presto anche il New Mexico. Verso l’Arizona e le sue meraviglie.

Fotografie di proprietà dell’autore

BIBLIOGRAFIA

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