Irma era bella, aveva un sorriso che illuminava il mondo.
Era giovane e piena di vita, elegante, sognava la libertà e non aveva paura di soffrire.
La sua storia è quella di una donna, che come tante durante la resistenza, ha pagato con il prezzo più alto la difesa dei suoi ideali
Irma era nata a Bologna l’8 aprile 1915.
Suo padre, Angelo, faceva il capomastro edile.
Durante il regime aveva manifestato apertamente sentimenti antifascisti.
Sua madre si chiamava Argentina.
Oltre a lei in famiglia c’era anche un’altra figlia, Nastia.

L’inizio del conflitto separò Irma dal suo amore, Federico, costretto a partire miliare con destinazione Creta.
Fatto prigioniero l’8 settembre del 1943, venne imbarcato, per essere trasferito nei campi di concentramento in Germania. La nave venne bombardata e affondata nel Pireo.
Il giovane fu dato per disperso. Irma e la famiglia lo cercarono a lungo, ma senza esito.
Dopo la firma dell’armistizio e lo scioglimento delle Forze Armate, la giovane decise di aiutare i soldai sbandai.
Iniziò anche ad interessarsi di politica, aderendo al Partito Comunista.
Mentre era in visita ai parenti a Funo, conobbe uno studente di medicina, Dino Cipollani, un parigiano conosciuto come Marco.
Quell’incontro fu determinante per l’entrata di Irma nella Resistenza.
Il suo nome di battaglia nella VII brigata GAP Gianni Garibaldi di Bologna era Mimma.
Da quel giorno la sua vita cambiò.
Il 5 agosto 1944 un ufficiale tedesco e un comandante delle brigate nere, furono uccisi da alcuni partigiani.
L’episodio non passò inosservato e subito alla mezzanotte del 6, a Funo iniziò la rappresaglia.
Tre partigiani vennero catturati, arrestai e condotti alle scuole di San Giorgio di Piano, per essere interrogati.
La tensione era molto alta.

La sera del 7 agosto, Irma e lo zio, insieme ad altre due persone, mentre stavano trasportando delle armi a Castel Maggiore, furono arresati.
Separata dai suoi compagni, venne portata alla scuola di San Giorgio, per poi essere trasferita a Bologna: la volevano interrogare per ottenere delle informazioni sulla Resistenza organizzata nella zona.
La sua famiglia cercò di rintracciarla in tutti i modi. La cercarono alle Caserme Rosse di via Corticella, centro di smistamento per i deportati, poi tra i detenuti liberati dal carcere cittadino di San Giovanni in Monte …Nessuna traccia.
La madre e la sorella andarono anche in questura e al comando tedesco di via Santa Chiara 6/3.
Ma Irma sembrava scomparsa.
Per sette giorni fu picchiata, seviziata e interrogata dai fascisti della Compagnia Autonoma Speciale, guidati dal Capitano Renato Tartarotti.
Le fecero di tutto per piegare la sua resistenza, arrivarono perfino ad accecarla con una baionetta.
Irma non disse una parola.
Preferì proteggere con la vita i suoi compagni partigiani.
Il 14 agosto, non avendo ottenuto nulla, Irma fu trascinata nei pressi della casa dei genitori.
Quello fu un ultimo tentativo per farla parlare.
Irma era sfinita dalla sofferenza. Non parlò.
La fucilarono al Meloncello di Bologna, poco distante da casa.
Il suo corpo martoriato fu ritrovato vicino a uno stabilimento, esposto come monito per un’intera giornata.
Trasportata all’Istituto di Medicina Legale, fu sepolta nel Cimitero monumentale della Certosa di Bologna, accompagnata dai familiari e qualche amica.
In suo onore, una formazione di partigiani operanti a Bologna prese il nome Prima Brigata Garibaldi “Irma Bandiera”.
Sembra che le ultime parole di Irma furono…. “passeranno i morti, ma resteranno i sogni”…