Il figlio segreto di Mussolini

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Nel 1925 Benito Mussolini, da circa tre anni capo del governo, nello stesso anno del suo matrimonio religioso con Rachele Guidi, avrebbe assegnato al piccolo Benito Albino una dote di centomila lire in Buoni del Tesoro ma, al di fuori di questa elargizione, non si occupò direttamente del bambino....

Secondo la ricostruzione di Zeni (Zeni, Marco. La moglie di Mussolini. Trento, Effe e Erre, 2005) basata su un’intervista che questi afferma di aver avuto con Ida Irene Dalser, Benito Albino Dalser (Milano, 11 novembre 1915) sarebbe stato riconosciuto a Milano dal padre l’11 gennaio del 1916. Tuttavia l’atto di riconoscimento non è mai stato trovato.
Sino qui un caso normale dell’Italia dell’epoca se non fosse che il “presunto padre” era Benito Mussolini.
Avanziamo per comprendere.

Nel 1925 Benito Mussolini, da circa tre anni capo del governo, nello stesso anno del suo matrimonio religioso con Rachele Guidi, avrebbe assegnato al piccolo Benito Albino una dote di centomila lire in Buoni del Tesoro ma, al di fuori di questa elargizione, non si occupò direttamente del bambino. I rapporti con Benito Albino furono invece tenuti dal fratello del Duce, Arnaldo, che ebbe nei confronti del nipote un comportamento affettuoso.
Benito Albino visse con la madre in varie località fino al 1926 quando la donna, che non aveva rinunciato a proclamarsi legittima consorte del capo del fascismo, fu internata nel manicomio di Pergine Valsugana e, successivamente, in quello di San Clemente nella laguna veneziana.

Dopo il primo ricovero coatto della madre il bambino fu mandato in collegio prima a Moncalieri dai padri Barnabiti poi, dopo la morte dello zio Arnaldo, nel 1931, in un collegio di minore prestigio. Nel 1932 fu adottato da Giulio Bernardi, commissario prefettizio di Sopramonte, che ne divenne anche il tutore.
Benito Albino non riuscì mai più a rivedere la madre e, secondo il giornalista trentino, sarebbe vissuto nel desiderio costante di essere riconosciuto dal padre.
Arruolatosi nella Regia Marina, dopo aver frequentato il corso di telegrafia a La Spezia insieme con un nipote del padre adottivo, Giacomo Minella, si imbarcò con il compagno sull’esploratore Quarto in navigazione verso la Cina. Secondo le testimonianze di Minella, Benito Albino manifestò più volte ai commilitoni la sua stretta parentela con il duce.

Fatto rimpatriare, fu anch’esso, come la madre, rinchiuso in un istituto psichiatrico a Mombello di Limbiate (l’allora grande manicomio provinciale di Milano), dove morì nel 1942 per consunzione: alcuni studiosi hanno definito la sua scomparsa “un delitto di regime”, anche se non vi sono prove certe della parentela.

Fabio Casalini

BIBLIOGRAFIA

  • Serena, Maria Antonietta. L’”altra moglie” del duceHistoria, giugno 1968, numero 127, pp. 60–61. Edizioni Cino del Duca
  • Zeni, Marco. La moglie di Mussolini. Trento, Effe e Erre, 2005

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