I rastrellamenti di Rom e Sinti durante il regime fascista

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Fra il 1938 e il 1940 furono emanati ordini di pulizia etnica ai danni di tutti i Sinti e i Rom presenti sul territorio Italiano. Ritenuti asociali e irrecuperabili per alcune caratteristiche intrinseche alla loro stirpe, vennero condannati alla soluzione finale…
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Le leggi razziali del 1938 avevano ulteriormente inasprito la situazione di Rom e Sinti in Italia. La politica repressiva verso di loro era già in atto dal 1922: respingimenti, intimidazioni, allontanamento forzato dal territorio italiano erano una cosa normale.
Fra il 1938 e il 1940 furono emanati  ordini di pulizia etnica ai danni di tutti i Sinti e i Rom presenti nelle regioni di confine. Si stabilì che fossero trasferiti in Sardegna  senza possibilità  di spostarsi.
Vennero creati per loro appositi campi di concentramento, disseminati su tutto il territorio.

La politica repressiva veniva portata avanti con la scusa che rappresentavano un pericolo concreto per la sicurezza pubblica. Questo comportamento, in Italia come nel resto d’Europa, non venne considerato per molto tempo, anche dopo la fine della guerra, come una politica di sterminio vero e proprio ma piuttosto come la conseguenza naturale dell’adozione di misure di prevenzione della criminalità. In realtà era una questione razziale,  come per gli ebrei.
L’11 settembre 1940  venne deciso, dal ministero dell’interno, il rastrellamento e il concentramento degli zingari, in quanto «nemici della nazione» e pertanto non graditi dal regime fascista, che ne dispose l’invio ai campi di concentramento.

Ritenuti asociali e irrecuperabili per alcune caratteristiche intrinseche alla loro stirpe, vennero condannati alla soluzione finale.
A dimostrare che quello degli zingari fu un vero  e proprio Olocausto, fu la studiosa Miriam Novitch.
Dimostrò, raccogliendo tutti i documenti che fu in grado di trovare, che gli zingari furono vittime di uno sterminio razziale vero e proprio.
Almeno 500.000 di loro morirono nei lager, dopo essere stati imprigionati, torturati, sfruttati per il lavoro, esattamente come tutti gli altri prigionieri.
Quello che accadde durante il periodo fascista agli zingari in Italia lo conosciamo solo grazie alle testimonianze raccolte nel dopoguerra da alcuni  studiosi.

I campi principali in cui vennero inviati furono diversi, come ad esempio Perdasdefogu, in Sardegna,  il convento di San Bernardino ad Agnone e Tossicia, in provincia di Teramo.
I dati raccolti furono comunque  insufficienti per dare un quadro completo dell’accaduto; per le istituzioni  e la società contavano poco, per i sopravvissuti c’era la riservatezza di ciò che subirono.
A questi fattori di univa  la mancanza di una tradizione scritta, che complicava ulteriormente la situazione.
Il regime fascista, come quello nazista, guardava a Rom e Sinti come a una questione razziale da risolvere in modo definitivo.
Dobbiamo noi dare il giusto spazio a tutte le vittime dell’Olocausto, perché non si perda la memoria di nessuna delle persone che hanno perso la vita nei campi di concentramento.

BIBLIOGRAFIA

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