Victor Lidio Jara Martinez, conosciuto come Victor Jara, nacque a San Ignacio, terra di contadini, il 28 settembre del 1932. Il padre, Manuel, lavorava i campi, la madre, Amanda, con sangue Mapuche nelle vene, si dilettava la sera, alla luce dei falò, a suonare la chitarra per gli amici e i vicini. Quello fu il primo contatto del piccolo Victor con il mondo della musica e del folklore del sud del Cile. Il giovane accompagnava la madre in tutte le ricorrenze cui era invitata, dai matrimoni alle veglie funebri. Questa vicinanza rafforzò il rapporto tra i due. Amanda curò l’educazione dei figli – Victor aveva 4 tra fratelli e sorelle – mandandoli a scuola. Victor, da subito, dimostrò di essere uno studente molto dotato. La famiglia decise di trasferirsi nella capitale, Santiago, alla ricerca di una condizione economica migliore. Victor, insieme al fratello Lalo, entrò al liceo Ruiz Tagle. Pochi anni dopo, quando il ragazzo aveva 15 anni, perse la madre. La chitarra di Amanda fu utilizzata dal ragazzo per realizzare i primi esperimenti musicali. La famiglia si trasferì in un quartiere diverso della capitale, a forte connotazione cristiana. Il giovane, insieme ad alcuni amici, si avvicinò al Partito Cristiano cileno. Sotto la supervisione dei parroci del quartiere, i ragazzi iniziarono a cantare in un coro, studiando la musica classica. In quel periodo Victor maturò la decisione di divenire sacerdote. Seguendo il suggerimento di Padre Rodríguez, entrò nel seminario dell’ordine dei Redentoristi a San Bernardo. Dopo soli due anni, compresa la totale mancanza di vocazione, Jara uscì dal seminario e, quasi immediatamente, fu chiamato a svolgere il servizio militare.

A 21 anni entrò nel coro dell’Università del Cile iniziando a lavorare alla raccolta della cultura folcloristica del paese. Pochi anni dopo, esattamente all’età di 24 anni, entrò a far parte di una compagnia teatrale. Nel 1959 diresse la sua prima opera teatrale, portandola in diversi paesi dell’America Latina. Dal 1961, come direttore artistico, iniziò a viaggiare attraverso l’Europa. Nel corso degli anni sessanta iniziò a comporre canzoni, continuando a svolgere mansioni nelle accademie teatrali. Nel 1966 uscì il suo primo LP, Victor Jara, pubblicato dalla casa discografica Arena. L’anno seguente iniziò la collaborazione con la EMI-Odeon. Agli inizi degli anni settanta iniziò a lavorare come compositore per la Televisione Nazionale del Cile. Victor Jara divenne un militante del Partido Comunista de Chile. In poco tempo fu nominato membro del comitato centrale della Gioventù Comunista del Cile. In quello stesso periodo appoggiò politicamente e pubblicamente il presidente cileno Salvador Allende. L’11 settembre del 1973 avvenne la presa di potere da parte dei dittatori – inizialmente erano quattro i capi della rivolta che avrebbero dovuto alternarsi a rotazione ai vertici dello stato – che rovesciarono Salvador Allende, presidente eletto che in seguito si suicidò nel palazzo presidenziale. Da quel giorno di settembre il regime dittatoriale iniziò una durissima repressione con tutte le persone non allineate alle idee dei nuovi padroni del Cile. Il golpe sorprese Victor Jara all’Università del Cile. Venne catturato insieme a moltissimi alunni e professori. Fu condotto all’interno dell’Estadio Nacional de Chile, trasformato nel frattempo in un campo di concentramento. In seguito fu trasferito nel vicino Estadio Chile, un complesso sportivo con un palazzetto dello sport, dove rimase prigioniero alcuni giorni. Victor fu a lungo torturato: gli furono colpite le mani ripetutamente sino a quando non decisero di romperle con il calcio di una pistola; dopo la tortura fisica giunse quella psicologica poiché i torturatori iniziarono a schernirlo chiedendogli se fosse in grado di suonare. Il 16 settembre, secondo altre informazioni il 23, i cani da guardia del regime lo finirono a pistolettate. Lascio il racconto dei momenti successivi alle dichiarazioni di Joan Jara, la moglie: «Siamo saliti al secondo piano, dove erano gli uffici amministrativi e, in un lungo corridoio, ho trovato il corpo di Victor in una fila di una settantina di cadaveri. La maggior parte erano giovani e tutti mostravano segni di violenze e di ferite da proiettile. Quello di Victor era il più contorto. Aveva i pantaloni attorcigliati alle caviglie, la camicia rimboccata, le mutande ridotte a strisce dalle coltellate, il petto nudo pieno di piccoli fori, con un’enorme ferita, una cavità, sul lato destro dell’addome, sul fianco. Le mani pendevano con una strana angolatura e distorte; la testa era piena di sangue e di ematomi. Aveva un’espressione di enorme forza, di sfida, gli occhi aperti». Dopo averlo ucciso, i dittatori cileni proibirono la vendita dei suoi dischi, ordinando la distruzione delle matrici. Nel 1990 la “Commissione per la Verità e la Riconciliazione” stabilì che Victor Jara fu assassinato il 16 settembre del 1973 all’Estadio Chile e fatto precipitare in una fratta nei dintorni del Cimitero Metropolitano.. Venne poi condotto in una stanza mortuaria come N. N., per essere poi identificato dalla moglie. I resti di Jara giacciono al Cimitero Generale di Santiago, dove la moglie lo fece inumare in un funerale clandestino, prima di espatriare. Dopo la fine della dittatura, la tomba divenne oggetto di omaggi e ufficialmente segnalata. Il corpo di Jara è stato riesumato nel 2009 e il musicista commemorato con un nuovo funerale; Jara è stato poi sepolto in una tomba interrata vicino a quella precedente, ma molto più visibile, anche se quella vecchia è rimasta al suo posto. Tra il 2008 e il 2012 furono arrestati e/o incriminati diversi ex militari responsabili dell’omicidio di Victor Jara: tra di essi l’ufficiale, Edwin Armando Roger Dimter Bianchi – accusato in contumacia, dato che vive a Miami – che lo colpì mortalmente con la pistola, mentre faceva la roulette russa contro le sue vittime, e i soldati che ricevettero da questi l’ordine di finire il cantante con le pistole d’ordinanza. Nel giugno 2016, si è aperto a Orlando, in Florida (Stati Uniti) il processo contro Pedro Pablo Barrientos Núñez (uno dei militari), dopo una battaglia legale e politica della vedova di Jara, Joan Turner (88 anni nel 2016). Barrientos, giudicato ai sensi del Torture Victim Protection Act del 1991, fu condannato ad un ingente risarcimento previo riconoscimento della sua responsabilità. I militari sono tutti accusati di vari crimini contro l’umanità, come torture contro Jara e altri prigionieri, oltre che di omicidio volontario extragiudiziale. Nel luglio del 2018 è giunto a sentenza il processo con la condanna di otto militari per omicidio e di uno per complicità.

Fabio Casalini