Alì Ghezawi aveva 14 anni.
Era Siriano, profugo con la sua famiglia, rimbalzato da un luogo ad un altro in cerca di una vita.
9 anni passati da indesiderato, tra vari paesi: Libano, Spagna, Olanda.
Poi di nuovo Spagna, poi ancora Olanda.
9 anni in cerca di una casa, di una stabilità, in fuga dalla guerra.
9 anni il cui Alì aveva letto, studiato e sognato di avere una possibilità, di avere un futuro.
Desiderava fare il medico, magari chirurgo, magari cardiologo.
Leggeva un libro di anatomia in inglese, per scoprire il funzionamento del corpo umano.
Parlava 5 lingue.
Alì era in viaggio dal 2011, da quando un giorno i suoi genitori, Ahmad e Aisha, avevano deciso di portare i loro figli lontano da Daraa, una città della Siria distrutta dalla guerra. 6 bambini, fra cui lui, in cerca di un luogo in cui stabilirsi, come milioni di altre persone.
Il primo periodo lo avevano passato in Libano, in un campo profughi.
Poi un lungo viaggio, nella speranza di potersi finalmente fermare, verso la Spagna.
Ma lì le cose non erano andate meglio: niente lavoro, niente casa, niente futuro.
Allora di nuovo in viaggio, verso l’Olanda, dove la famiglia aveva fatto richiesta di protezione. Ma il governo aveva rifiutato la loro domanda, gettando la famiglia nello sconforto. Alì più di tutti.
Tornati in Spagna per un breve periodo, erano stati allontanati dalle autorità perché i documenti in loro possesso nel frattempo erano scaduti.
Ancora in viaggio. Avevano riprovato in Olanda dove Alì sperava di vivere, di poter frequentare una scuola, di studiare con degli insegnati veri. Si sentiva al sicuro in quel paese.
Alì sperava, sognava, ma ancora una volta la delusione era dietro l’angolo.
Un nuovo rifiuto e lui non ce l’ha più fatta.
L’incertezza del futuro lo aveva logorato lentamente, lo aveva portato a togliersi la vita.
Ci aveva già provato, ma lo avevano salvato, questa volta non c’era stato nulla da fare.
Alì Ghezawi si è suicidato in un centro per famiglie di profughi respinti, a Glize, nella regione olandese del Limburgo.
Probabilmente la sua è una delle tante storie tristi di cui leggeremo o abbiamo letto.
Forse colpisce il fatto che a 14 anni ha raggiunto la consapevolezza che non avrebbe mai avuto un posto nel mondo, anche se aveva la voglia di provarci, di fare qualcosa di grande.
Magari non ci sarebbe riuscito, ma non lo sapremo mai, perché non ha avuto la possibilità di iniziare una nuova vita, e come lui milioni di bambini senza infanzia e senza futuro.
