Il 4 giugno 1942 spirò in ospedale a Praga, in seguito ad una grave infezione del sangue, contratta a causa del contatto fra le ferite riportate durante un attentato e l’imbottitura di crini di cavallo dei sedili della Mercedes che lo trasportava, Reinhard Heydrich, padre della soluzione finale.
Per fortuna l’inefficienza dell’apparato medico preposto a curarlo, accelerò il suo trapasso.
Ma questo evento portò con sé un altro fatto di sangue davvero terribile.
Il mondo non pianse la prematura dipartita del governatore del Protettorato di Boemia e Moravia, anzi, fu una liberazione vista la ferocia della sua gestione del territorio. Per la famiglia, moglie e 4 figli, fu una grave perdita…ma lo fu anche per il Reich, che vedeva in Heydrich il suo uomo di punta, colui che avrebbe risolto il problema ebraico, l’incarnazione del male.
Potevano l’attentato e la morte di Heydrich passare inosservati? Il regime non poteva permetterlo, doveva dare un messaggio forte che facesse capire a tutti coloro che tentavano una ribellione, che la vendetta sarebbe stata tremenda.
Gli ordini arrivarono dall’alto, direttamente da Adolf Hitler.
Il generale Kurt Daluege prese il posto del boia. E non fu da meno.
Promise una ricompensa di 10 milioni di corone a chi avesse aiutato a trovare gli esecutori dell’attentato e la pena di morte per coloro che li avessero aiutati.
Ovviamente non sborsò un soldo. Così decise di agire scatenando il terrore.
10 giugno 1942, ore 10.00. I soldati del Reich entrano a Lidice. L’ordine era chiaro: radere al suolo il piccolo centro, doveva essere cancellato dalle carte geografiche, diventare un simbolo per il mondo. Ancora oggi non vi è alcuna prova certa che colleghi Lidice all’attentato di Heydrich; all’epoca, però, la stampa tedesca, per “giustificare i fatti di quel giorno”, diede molta enfasi alla notizia, in modo da stroncare sul nascere qualsiasi reazione.
Iniziarono 5 ore di terrore, che cambiarono per sempre la morfologia del piccolo centro.
La popolazione fu divisa in gruppi, ognuno con un destino segnato. 173 uomini, con più di 16 anni, furono fucilati a gruppi di 5, poi di 10, per velocizzare le operazioni. Il luogo dell’esecuzione fu un granaio, nella fattoria di Horák. Per l’occasione una parete venne coperta di materassi, per evitare l’eventuale rimbalzo dei proiettili. Tre colpi: due al petto, uno alla testa.
I cadaveri si ammucchiarono in fretta, nessuno fu bendato. Gli ultimi ad essere giustiziati furono costretti a camminare sui cadaveri di parenti e amici. Alle 15 gli spari cessarono e fu di nuovo silenzio.
19 uomini e 7 donne scamparono casualmente al massacro. Quando vennero identificati come abitanti di Lidice, furono passati per le armi, il 16 giugno, a Kobylisy.
Il 12 giugno 196 donne di Lidice furono caricate su camion e portate alla stazione di Kladno, con ancora nelle orecchie il suono degli spari che si portavano via i loro cari. Lì erano pronti dei treni speciali, con destinazione Ravensbrück.
All’arrivo le più anziane, in tutto 35, furono trasferite ad Auschwitz, dove entrarono a far parte del programma di sperimentazione medica. Quelle che rimasero a Ravensbrück vennero messe in isolamento in un Block speciale, per poi essere destinate a vari compiti: fabbrica di cuoio, costruzione strade, fabbrica tessile e di munizioni. 143 di loro sopravvissero al lager, anche se molte, alla liberazione erano malate gravemente.
I bambini da 1 a 16 anni in paese erano circa 90. Finirono nella fabbrica tessile di Łódź. La loro sorte fu terribile. Non ricevettero alcuna assistenza medica, su ordine del comandante del campo. Pochi giorni dopo, 8 di loro furono prelevati e destinati al programma di “germanizzazione”, mentre gli altri furono condotti al campo di sterminio di Chełmno, per essere gasati.
Passarono 3 anni e la guerra finì. Ma non la battaglia delle donne di Lidice sopravvissute. Chiesero di sapere almeno che fine avessero fatto i loro figli. Ci vollero anni per scoprire che erano ancora vivi solo quelli scelti per la germanizzazione. Furono rintracciati e riportati in patria.
Lidice era sparita, rasa al suolo dalla furia della vendetta dei nazisti.
Ciò che era rimasto in piedi fu dato alle fiamme e poi fatto saltare per aria.
Gli alberi furono sradicati.
Il cimitero fu profanato: una squadra speciale fece scempio dei cadaveri dissepolti.
Il vecchio villaggio non fu più riedificato nello stesso luogo, ma lì vicino, nel 1949.
Negli anni ’60, un’artista di nome Marie Uchytilová, decise di dedicare un monumento in memoria ai bambini di Lidice, ma, per problemi economici, la donna non portò a termine il proprio progetto. Dopo la sua morte, il sogno si realizzò grazie a un’ingente somma donata dalla città danese di Albertslund. L’opera fu completata molti anni dopo.
Oggi una scultura in bronzo con 42 ragazze e 40 ragazzi, da 1 a 16 anni,. ricorda i tragici eventi avvenuti in quelle 5 ore di terrore. Il tributo di sangue per la morte di Reinhard Heydrich era stato pagato.
Il mondo non ha dimenticato.
Nella nuova Lidice esiste una via dedicata a Marzabotto, e a Marzabotto esiste una via dedicata a Lidice. Gemellate nel sangue dal 1962.
