La Esma, la scuola dei Desaparecidos

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La Escuela de Mecánica de la Armada è conosciuta da tutti come ESMA. Il mondo la ricorda come uno dei simboli della repressione in Argentina
La Esma

La Escuela de Mecánica de la Armada è tristemente conosciuta da tutti come ESMA. Un tempo era la scuola per la formazione degli ufficiali della marina argentina di Buenos Aires.
Tutto il mondo la ricorda come uno dei simboli della repressione che dal 1976 al 1983 insanguinò l’Argentina. 
Durante gli anni bui della dittatura era divisa in settori: uno dove alloggiavano gli ufficiali e i militari, nel quale progettavano e programmano rapimenti, strategie di sequestro, torture e assassinii; uno destinato alle torture, uno agli interrogatori e uno alla detenzione.
La Capucha era una zona a parte: angusta, lugubre, senza finestre. Lì dentro i detenuti erano costretti a stare costantemente incappucciati. 
Poi vi era il Pañol, una zona destinata a raccogliere e conservare tutti i beni che venivano sottratti ai prigionieri. Nel Pañol c’era anche una sezione in cui venivano rinchiuse le donne rapite incinte. In quel luogo partorivano, aiutate da altre gestanti e poi dicevano addio al proprio bambino che veniva dato in adozione alle famiglie fedeli al regime, per la giusta rieducazione.
Dalla ESMA passarono più di 5.000 detenuti.
Pochi sopravvissero.
Più del 90% scomparvero, diventando Desaparecidos. 
Ogni giorno i detenuti venivano orribilmente torturati, umiliati e le donne stuprate, più volte, anche da più uomini contemporaneamente. 
Successivamente i militari annunciavano ai reclusi il trasferimento ad un carcere normale, che significava in realtà l’esecuzione.
La procedura per l’eliminazione prevedeva un’iniezione per la sedazione, spacciata come un vaccino, la fucilazione e poi la cremazione. In altri casi la fucilazione veniva sostituita con i famigerati voli della morte, di cui abbiamo già parlato.
Altre torture prevedevano:
– scariche elettriche ad alto voltaggio, specialmente nelle parti delicate del corpo, come genitali, capezzoli, orecchie oppure gengive
– frattura delle ossa, in genere piedi o mani
– immersione del viso in escrementi fino al soffocamento
– ustione tramite sigarette o piccoli lanciafiamme
– ferimento dei piedi tramite spille, aghi oppure oggetti appuntiti
– pestaggio a sangue delle vittime, a mani nude oppure tramite sacchetti di sabbia, per non lasciare segni.
I torturati, dopo queste indicibili sofferenze, venivano appesi a testa in giù per un tempo indefinito.
Alcune volte le torture venivano eseguite alla vista dei parenti, compresi stupri e pestaggi.
Come dimenticare tutto questo?
Come dimenticare i Desaparecidos?
Come possiamo accettare che tutto ciò sia potuto accadere?
Madri, padri, fratelli, sorelle, piangono ancora i loro cari ingoiati dalla macchina della morte ideata e voluta da Videla e portata avanti dai suoi sostenitori e successori….

BIBLIOGRAFIA

  • Alec Cordolcini, Pallone desaparecido. L’Argentina dei generali e il Mondiale del 1978, Bradipolibri, Torino  2011

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