Nella Repubblica del Congo, dal 1993 sono state violentate centinaia di migliaia di donne.
Secondo il Fondo delle Nazioni Unite per la Popolazione (Unfpa), nel paese vengono commessi 1100 stupri ogni mese.
La violenza sessuale è diventata uno strumento di sottomissione di massa già a partire dal 1996, con l’inizio della prima guerra del Congo ed ha continuato, crescendo e diffondendosi durante la seconda.
Ad essere colpite sono state tutte le donne dai 4 mesi di vita agli 80 anni.
La brutalità della guerra si è acuita proprio a causa delle violenze sulle donne.
Scontri etnici molto sanguinosi, celavano in realtà conflitti economici che avevano lo scopo di distruggere popolazioni intere, per appropriarsi delle loro ricchezze, fondamentali per il mondo Occidentale. Secondo una stima, per ogni chilogrammo di Coltan, usato per costruire smartphone, navigatori, airbag, muoiano due bambini (di questo problema abbiamo già parlato in un articolo di Fabio Casalini).
La violenza sessuale è stata spesso usata come strategia per annientare il nemico, per diffondere il terrore.
Soldati affetti da HIV hanno usato lo stupro con lo scopo di far nascere bambini malati e per cancellare, attraverso la fecondazione di donne appartenenti all’etnia rivale, un particolare gruppo etnico
La brutalità delle violenza perpetrate è inimmaginabile: donne sottoposte a stupri di massa, violentate davanti alle loro famiglie, costrette a rapporti sessuali con padre e fratelli, rapite, rese schiave sessuali dei loro carnefici, altre seppellite vive per rendere la terra più “fertile”.
La guerra è ufficialmente finita nel 2002 con gli accordi di Sun City.
Nonostante questo i ribelli sono ancora presenti sul territorio e con le forze armate, sono responsabili ancora oggi, del 65% delle violenze sessuali contro le donne.
Purtroppo sono in forte aumento i casi di stupro commessi dai civili.
In questo panorama di orrore e dolore, spicca la figura di Masika Katsava, minuta e coraggiosa, con gli occhi pieni di dolore, che è riuscita ad aiutare migliaia di donne vittime come lei di violenza.
Violentata dai ribelli per 4 volte, ha assistito all’assassinio del marito, allo stupro e omicidio della madre e alla violenza sulle due figlie.
Sono circa 6000 le persone salvate da “mamma Masika”, tra donne e bambini. Le ha sistemate in 50 case di accoglienza, fondate apposta per aiutare le vittime e i loro figli.
Purtroppo il 2 febbraio 2016 Masika è morta d’infarto.
“Ho deciso che dovevo fare qualcosa per rendere più forte me stessa e le altre donne. Per far tornare le donne ad essere quello che erano prima delle violenze”, disse orgogliosamente Masika a Dublino nel 2013, “uno stupro non è la fine, si può iniziare di nuovo, come ho fatto io. Nonostante tutto quello che ho passato, sono ancora in piedi, se ce l’ho fatta io, possono farcela anche loro. Non dobbiamo arrenderci. Dobbiamo risollevarci e vivere. Abbiamo il diritto di vivere”, diceva a tutte loro.
Offriva loro ascolto, assistenza sanitaria, ospitalità, cure, sostegno. Insegnava loro un mestiere, gli gridava dignità e coraggio, quello che avevano perso a causa della violenza.
Il mondo tace le violenze in Congo e in molti altri paesi.
Lo stupro è l’arma più ignobile di sottomissione di un popolo. Fino a che gli uomini se ne serviranno, nessuna donna può dirsi veramente al sicuro.
