L’India è un paese dalle mille contraddizioni. Tecnologia e ricchezza lasciano il posto a tradizione e povertà nelle zone rurali, dove la modernità fatica a conquistare uno spazio.
Il lavoro nei campi, senza l’ausilio di attrezzature che lo facilitino, viene svolto ancora con grande fatica, sfruttando per pochi centesimi al giorno tutti coloro che vi sono impiegati, uomini, donne e bambini, senza differenza.
Molte donne lavorano nelle piantagioni, soprattutto in quelle di canna da zucchero.
Massacrate da orari infiniti, dal caldo, dagli insetti e dalla fame, spesso per loro stare a casa anche solo un giorno significa perdere il lavoro.
Le mestruazioni diventano un impedimento, un ostacolo, e così molte decidono di fare un passo definitivo. Vissuto ancora come un tabù in molti paesi del continente asiatico, il ciclo mestruale rende la donna impura, tanto da essere allontanata dalla vita sociale fino al suo termine.
Nello stato del Maharashtra, situato nell’India Centro-occidentale, più conosciuto per la capitale dai ritmi frenetici, Mumbai (ex Bombay), molte donne hanno accettato di farsi rimuovere l’utero per poter continuare a lavorare nei campi. Per la maggior parte sono donne che provengono da famiglie estremamente povere, il cui stato di indigenza le obbliga a scelte irreversibili e dolorose, sia fisicamente che psicologicamente.

Ogni anno decine di migliaia di famiglie in miseria, provenienti dai distretti di Solapur, Osmanabad, Beed, Sangli, compiono migrazioni di massa verso le zone occidentali più ricche, per cercare un impiego nelle piantagioni di canna da zucchero. Questi luoghi, chiamati “cintura dello zucchero”, sono controllati da caporali avidi e senza scrupoli, che sfruttano i loro braccianti, imponendo contratti che prevedono penalità anche solo per un giorno di assenza dal lavoro.
Le condizioni di via sono inumane: chi lavora nei campi alloggia in capanne o tende, ripari di fortuna, senza servizi igienici e senza comodità; i turni sono sia di giorno che di notte e per il taglio delle canne ci vuole molta forza. Le donne sono frequentemente soggette ad infezioni, indebolite dalla fatica e dalle privazioni; in quel momento, in cui sono più vulnerabili, i caporali consigliano loro di ricorrere ad interventi chirurgici, anche per situazioni in cui basterebbe la somministrazione di semplici medicinali.
La maggior parte delle donne in queste zone ha già più di un figlio a 20 anni; i medici per questo motivo incontrano poca reticenza a sottoporsi ad un intervento che cambi così radicalmente la loro vita. In breve tempo ci si è trovati di fronte ad interi villaggi in cui le donne hanno subito isterectomie; per questo sono stati chiamati “villaggi di donne senza grembo”.
Il fenomeno è stato portato alla luce davanti alle autorità da Neelam Gorhe, legislatore, e da Eknath Shinde, ministro della sanità. Hanno presentato durante, un’assemblea di stato, i numeri che erano riusciti ad ottenere da una prima indagine. Nel solo distretto di Beed, sono stati registrati 4605 interventi di asportazione dell’utero in soli 3 anni. Non tutti sono stati fatti su mietitrici della canna da zucchero. Le indagini hanno rilevato che anche nel settore abbigliamento la situazione non è molto differente. Le pazienti individuate hanno tutte un’età compresa fra i 20 e 40 anni, alcune non arrivano a 20 anni, ma sono fortunatamente un numero esiguo. In molte dichiarano che la loro salute è peggiorata dopo l’operazione, lamentando a volte dolori persistenti e vertigini e, di conseguenza, perdita del lavoro.
Nel settore abbigliamento la situazione è simile, cambia la zona interessata. Ci si sposta nello stato meridionale del Tamil Nadu, dove le lavoranti sono impiegate per produrre vestiario anche per grandi marche di fama internazionale. I soggetti interpellati qui hanno dichiarato di avere assunto, dietro indicazione dei caporali, farmaci senza prescrizione medica o etichetta, o addirittura droghe, ogni volta che hanno lamentato un dolore legato al ciclo mestruale. Alcune di loro hanno avuto delle complicazioni mediche di rilevante importanza, come infezioni del tratto urinario, fibromi, aborti spontanei, ansia, depressione.

Questo fenomeno legato al generale impoverimento della società, che vede da una parte grandi ricchi e dall’altra una massa crescente di poveri che non può accedere neppure alle cure sanitarie di base e non ha il necessario di che vivere ogni giorno, si unisce a quello delle sterilizzazioni forzate, utilizzate come metodo contraccettivo per il controllo delle nascite. Molti sono stati i decessi registrati per infezioni o complicazioni post operatorie.
Il problema del controllo delle nascite, più volte tentato in questo paese, anche durante il governo di Indira Gandhi, con metodi non troppo ortodossi, resta tutt’ora aperto.
Povertà, degrado, credenze religiose e superstizione si mischiano formando una miscela velenosa, capace solo di creare sempre più divario sociale ed economico fra chi sta bene e chi vive nella miseria. A farne le spese sono sempre le donne…