Figlio di un dipendente dell’azienda elettrica, crebbe nel quartiere Vanchiglietta di Torino dove, in giovane età, si avvicinò all’impegno sociale col Gruppo Emmaus e con Mani Tese, che definì «gruppi cattolici del dissenso». Lasciata l’associazione, nel 1968 si iscrisse alla facoltà di scienze politiche, che però abbandonò dopo un anno per lavorare allo stabilimento Mirafiori della FIAT.
Successivamente svolse l’attività di calciatore a tempo pieno, senza però rinunciare all’impegno politico: «la critica principale che mi è stata rivolta [è come si conciliava la mia militanza a sinistra con i guadagni da calciatore, ndr], ma il mio era lo stipendio di un buon impiegato. Se mi sentivo un privilegiato era per un altro motivo, perché facevo il lavoro dei miei sogni, il calciatore. Una fortuna che capita a pochi».
La notorietà giunse con la pubblicazione del libro Calci e sputi e colpi di testa, del 1976, nel quale il calciatore racconta la militanza in Avanguardia operaia e descrive il mondo del calcio da un punto di vista alternativo rispetto ai colleghi:
In seguito alla diffusione del libro fu deferito dalla FIGC.
La notorietà di Paolo Sollier è, in parte, dovuta al suo saluto col pugno chiuso rivolto ai tifosi del Perugia, un gesto che gli provocò l’antipatia delle curve di destra, in particolare modo della Lazio.
Anni dopo disse che «non era propaganda. Non era un gesto indirizzato ai tifosi ma a me stesso, per ricordarmi ogni volta chi fossi e da dove venivo. E per far sapere ai miei amici che restavo quello di sempre. Il ragazzo che al campetto, tanti anni prima, così si rivolgeva a loro. Con quello che per noi era un segno di riconoscimento».
Dopo il ritiro dall’attività agonistica, collaborò con quotidiani e riviste, tra cui Reporter, Il Mattino di Padova, Tuttosport e MicroMega.
Nel 2008 pubblicò il libro Spogliatoio, scritto a quattro mani con Paolo La Bua, ed esce la riedizione di Calci e sputi e colpi di testa, completata da articoli dell’epoca e recensioni.
Sollier giocò 21 partite in serie A e 124 in Serie B.
In una delle ultime interviste rilasciate dichiarò: «Dura da dire. Io sono certo di un fatto però, la vecchiaia è bruttissima ma io voglio viverla con lo spirito degli anni Settanta. Avete in mente le degenerazioni, il terrorismo, la violenza, ma la contestazione ha influito sul lavoro, la scuola, la famiglia. Ha creato un futuro migliore».
Fabio Casalini