Il Block 11, Blocco 11, di Auschwitz, era denominato dai prigionieri “il blocco della morte”.
Era un insieme di edifici angusti, ideati apposta per incutere timore a chi già viveva nel terrore. Era un blocco isolato, sempre chiuso a chiave, usato come prigione del campo.
Una prigione nella prigione….
All’interno del blocco c’era un cortile, a sua volta circondato da un muro, per impedire ai detenuti del blocco stesso di vedere cosa avveniva al suo interno.
Anche dalle baracche vicine era impossibile osservare le attività nel cortile; non era permesso a nessuno, mediante ostacoli posti alle finestre, di vedere quel terreno ormai intriso del sangue delle migliaia di detenuti giustiziati presso il “muro della morte”.
Il blocco 11 aveva una storia a parte, un orrore tutto suo.
Il guardiano era sempre un membro delle SS; con lui prestavano la propria attività un blocchista, uno scrivano e un capo camerata.
Al piano terra alloggiavano i prigionieri civili, in attesa di verdetto. Le sentenze venivano emesse in modo rapido, senza troppi convenevoli: in poche ore potevano essere sentenziate fino a 200 condanne a morte.
L’esecuzione era altrettanto rapida: i prigionieri, uomini o donne, si dovevano spogliare, avvicinare al muro della morte e attendere il proprio turno. Tutto avveniva in pochi secondi, con un colpo alla nuca.
Se il numero dei condannati non era sufficiente, le fucilazioni avvenivano nel lavatoio, vicino al cortile.
Le celle erano situate nei locali sotterranei del blocco.
Erano di diverso tipo, con destinazioni differenti.
In quelle ordinarie erano rinchiusi i prigionieri in attesa di indagini.
In quelle buie, con una superficie di 7 mq., c’erano i detenuti in punizione, per aver violato le regole del campo, e quelli che venivano scelti nei vari blocchi in cui qualcuno era fuggito o aveva tentato la fuga; 10 oppure 20 per ogni evaso. Nelle celle buie non si riceveva cibo e neppure acqua. Alla mattina i prigionieri venivano mandati al lavoro. Dopo circa 10 giorni al massimo, morivano di fame e di stenti.
Nelle “Stehzelle” venivano rinchiusi i prigionieri puniti o catturati dopo la fuga. Queste celle erano divise in 4 parti, di circa 90×90 cm. ciascuna. Chi ci doveva entrare, lo doveva fare a carponi. In ogni scomparto dovevano entrare 4 persone. L’aria arrivava solo da un buco di 5×5 cm. Non era possibile sedersi o sdraiarsi, ovviamente. Chi non moriva soffocato, il giorno successivo veniva mandato al lavoro e poi nuovamente nella buca. Se un prigioniero veniva catturato dopo la fuga, non riceveva nulla da mangiare e bere: se non moriva soffocato, moriva di fame.
Chi si salvava dalle celle finiva comunque nel cortile.
Il blocco 11 fu anche teatro della prima esecuzione di massa, mediante impiego del Zyclon B. Il 3 settembre 1941 furono gassati 600 prigionieri militari sovietici e 250 prigionieri provenienti direttamente dall’ospedale.
L’esperimento andò parzialmente a buon fine: il giorno successivo fu constatato il decesso di quasi tutti i detenuti; alcuni sopravvissero. I cadaveri non furono rimossi. Si diede il via ad una seconda gassazione, aumentando la dose del Zyclon.
Il 5 settembre si constatò che nessuno era sopravvissuto.
Il Block 11 grondava sangue.
In un altro momento parleremo delle torture che lì avvenivano, credo che per ora possa bastare….