9 gennaio 2020. Brucia l’Australia, senza sosta, da mesi.
Il fuoco distrugge tutto. Foreste, case, sogni, speranze. Uccide animali, persone, annienta il morale dei pompieri, eroi e guerrieri, e di tutti coloro che cercano incessantemente di avere ragione di quel mostro ardente senza pietà.
Si parla di 8 milioni di ettari di territorio, compresi fra New South Wales, Victoria, Sud Australia e Queensland, che corrispondono a circa i quattro quinti delle foreste italiane.
Le immagini che ci arrivano sono drammatiche.
È l’ennesima ferita per il nostro pianeta, per la nostra società contemporanea, che si aggiunge ai disastri causati dagli incendi in Siberia e Amazzonia. Decine e decine di roghi spontanei, colposi e dolosi, che mettono in ginocchio un’intera nazione, che dovrebbero interessare tutti.
26 le vittime accertate.
183 le persone arrestate, tra cui 40 minorenni. Alcuni con l’accusa di azioni dolose, altri per incuria, per aver acceso fuochi per cucinare e bruciare rifiuti.
Ci potrebbero volere ancora mesi per porre fine a questa moderna apocalisse.
Tra notizie vere e fake news il mondo assiste quasi incurante, a quanto sta accadendo. Ormai siamo praticamente indifferenti a tutto, alle guerre, ai disastri naturali, alla morte di chi fugge dal proprio paese in cerca di un futuro e magari ha solo 10 anni. Siamo anestetizzati, come se nulla ci potesse scalfire, come se l’indifferenza fosse la nostra sola medicina per poter sopravvivere ad un presente che fatichiamo ad accettare. La mia paura, più che dell’oggi, è per il domani.
Cosa stiamo lasciando ai nostri figli? Cosa stiamo lasciando a chi verrà dopo di noi?
Se anche una nonna, che dovrebbe avere come scopo principale quello di dare amore ai propri nipotini, riesce a diventare una hater tramite le pagine dei social network, forse dovremmo fermarci e farci delle domande, dovremmo fermarci a guardare il mondo che abitiamo e stiamo distruggendo..