9 MARZO 1976 – LA PRIMA TRAGEDIA DEL CERMIS

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9 marzo 1976, ore 17.20.
Una giornata che sta volgendo al termine, una delle ultime corse della funivia sta per ultimarsi.
Siamo a 40 km circa da Trento, in una stazione sciistica conosciuta ed apprezzata, a Cavalese, nei pressi dell’Alpe Cermis. Gli sciatori sono tanti, si apprestano a rientrare dopo una giornata di sole e divertimento. È martedì, ma la settimana bianca in corso ha richiamato numerosi turisti.
La funivia riparte, forse troppo piena. Al Doss dei Laresi, nell’ultimo tratto, salgono ancora due passeggeri, un ragazzo e una ragazza. Il tramonto accompagna la discesa in una giornata che fino a quel momento sembra perfetta.
Il manovratore, Carlo Schweitzer, è quasi a fine turno. Osserva gli strumenti: tutto regolare, anche se la velocità della cabina è al massimo consentito, cioè 36 km/h. Il tempo passa, la coda di turisti si allunga, bisogna fare in fretta, per accontentare tutti.

Pochi istanti dopo il sistema di sicurezza entra in funzione a causa di un accavallamento della fune traente su quella portante.  Nella cabina ci sono 43 persone, con la loro attrezzatura, con la spensieratezza di quella giornata nel cuore. Passa l’ultimo pilone, l’abitato di Cavalese si vede in lontananza.
Il manovratore e gli altri addetti all’impianto cercano di verificare cosa sia accaduto. Non è la prima volta che il sistema di sicurezza entra in funzione in via precauzionale, anche solo per un avvicinamento delle due funi. La prudenza non è mai troppa, ma arriva una telefonata a Schweitzer, in cui gli viene ordinato di disinserire il sistema di sicurezza e di far ripartire l’impianto. L’uomo obbedisce, riluttante, vorrebbe prima verificare meglio, basterebbero pochi minuti di attesa, che poi si scoprirà che faranno la differenza.

La cabina riparte, ma invece di scendere, scivola all’indietro. La fune portante si è spezzata, segata in due dalla traente. La cabina cade nel vuoto. 70 metri, pochi istanti che sembrano non finire mai. Urla.
Un tonfo, sordo. Sfracellata al suolo, la massa informe di corpi e lamiere scivola ancora per 100 metri in un prato, in località Salanzada.
Nello schianto, già tremendo, il carrello superiore cade sulla cabina, schiacciandola.
42 vittime, una superstite. Una studentessa del Liceo Classico Carducci di Milano, una delle ultime ad essere salite. È in settimana bianca. Si chiama Alessandra Piovesana, di 14 anni.

15 bambini fra i 7 e i 15 anni, il manovratore di 18 anni.  Tutti giovanissimi.
12 italiani, 23 tedeschi, 7 austriaci, 1 francese. Questo il bilancio delle vittime.
Al processo le pene inflitte saranno molto lievi, tre anni al massimo, per Carlo Schweitzer, il capo servizio e il direttore degli impianti.
La funivia verrà ripristinata, le corse continueranno per la gioia di amanti della montagna e sciatori.
Le vittime verranno ricordate solo dai loro cari e tutto sembrerà solo un incidente, un evento difficile da verificarsi, che forse non accadrà mai più.

Eppure la storia si ripete, sempre… ne è la prova il 3 febbraio 1998….

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