A volte nella vita di un fotografo, professionista o dilettante che sia, capitano più o meno casualmente dei momenti irripetibili.
Le due foto che vedrete alla fine di questo post sono state scattate ad un giorno di distanza una dall’altra, dalla piazza Rossa di Mosca verso il pennone del Cremlino.
Le due foto che vedrete alla fine di questo post sono state scattate ad un giorno di distanza una dall’altra, dalla piazza Rossa di Mosca verso il pennone del Cremlino.
Era il 1991. Dicembre.
Per moltissimi anni è stato detto e scritto da molte parti che lo storico cambio di bandiera su quel pennone, da quella dell’Unione Sovietica a quella della Russia, è avvenuto la notte di Capodanno, fra il 31 Dicembre 91 e il 1 Gennaio 92.
Nel decennale, ad esempio, un intero servizio del Venerdì di Repubblica con tanto di foto e date diceva proprio questo.
E invece non è vero.
Ancora oggi se si cerca in rete in molti casi si trova scritto che la bandiera cambiò il 31, e soprattutto quasi nessuno racconta mai che la cosa si è svolta quasi di nascosto, sostanzialmente ingannando il popolo russo (allora ancora sovietico) e anche tutto il resto del mondo.
In uno dei rari casi in cui vale davvero la mitica frase “Io c’ero”, posso testimoniarlo anche con questi scatti, tecnicamente non eccelsi per via di condizioni ambientali assai avverse, ma storicamente di un certo valore.
Boris Elsin all’epoca annunciò in effetti il cambio di bandiera per capodanno, ma poi lo fece senza altri annunci la sera di Natale, per evitare manifestazioni di qualsiasi genere (temeva soprattutto i nostalgici) in caso di cerimonie ufficiali.
Così, senza dire niente a nessuno, fra il 25 e il 26, quando in giro (con 25 gradi sotto zero) non c’era quasi nessuno, fece ammainare per sempre la bandiera rossa e fece tirare su quella tricolore della federazione russa.
Io passai proprio il pomeriggio del 25 per la prima volta sulla piazza rossa, la situazione di luce e di ambiente era pessima (un paio di ore dopo si bloccò anche la macchinetta per il freddo e l’umidità), non ero neanche in una buona posizione, e pensai per un attimo di rimandare l’inevitabile foto alla bandiera dell’Urss ad uno dei giorni successivi, tanto ci sarebbe stato tempo fino al 31…
Per fortuna prevalse la mia “malattia” di fotografo, e il famoso animo del fotoreporter, che vede in ogni immagine la rappresentazione di un istante che non si ripeterà mai uguale, e quindi intanto uno scatto lo feci.
Così senza saperlo avevo scattato una delle ultime foto alla bandiera rossa sul Cremlino.
La mattina dopo, il 26, Santo Stefano, ripassammo per la piazza. Eravamo in tutt’altra posizione, la notte aveva nevicato, per un po’ gli sguardi erano attirati da altre cose. Poi improvvisamente alzando lo sguardo vedemmo tutti che la storia era cambiata in un attimo sotto gli occhi (direi anche sotto il naso) di tutti.
Così scattai subito la seconda.
Ma stavolta, al momento del secondo scatto, ero ben consapevole di avere nello stesso rullino a distanza di 3 o 4 fotogrammi una dall’altra, una delle ultime foto della bandiera dell’Urss e una delle prime della bandiera Russa.
Sono quei momenti che davvero emozionano un fotografo, di qualunque livello esso sia.