Ettore Castiglioni, l’alpinista antifascista

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La storia che vi vorrei raccontare oggi è quella di un uomo libero che scelse di morire fra le montagne che tanto amava. Il suo nome era Ettore Castiglioni.
Nato a Ruffrè, un piccolo paese della provincia di Trento, distante circa 2,5 Km dal passo della Mendola, che segna il confine con la provincia di Bolzano il 28 agosto 1901, Ettore Castiglioni fu un alpinista italiano molto dotato. La sua famiglia si trovava lì in vacanza. Forse un segno del destino.
La sua infanzia fu agiata e serena, provenendo da una ricca famiglia del milanese. Ma la vita nella città lombarda gli stava stretta, subiva il fascino indiscusso delle Dolomiti e delle sue crode. Di Milano diceva: «… qui mi sento sempre di passaggio, anche quando vi resto per parecchi mesi. Fra le mie crode mi sento a casa mia…»
A 15 anni le scalò per la prima volta, lasciandosi conquistare inesorabilmente dalla passione per la montagna. A 19 pubblicò il suo primo articolo di alpinismo sulla mensile del Club Alpino Italiano, fondato nel 1863.

Ebbe la possibilità di studiare e di laurearsi in giurisprudenza a 21 anni, non abbandonando mai la sue vere passioni: il pianoforte, la poesia e soprattutto la montagna. Nel suo sangue scorreva il DNA di un vero alpinista, tanto che a lui si deve l’apertura di circa 200 nuove vie. Il suo amore per l’esplorazione e per le scalate lo portarono a redigere numerose guide di grande valore, aprendo percorsi anche di difficoltà non elevata, per appagare la propria sete di scoperta e di conquista.
Numerosi furono i suoi compagni di avventura. Fra i più fidati vi furono Celso Gilberti e Vitale Bramani, con i quali salì lo spigolo ovest della Presolananell’ottobre del 1930 e nell’agosto del 1931 la parete nord-ovest della cima Busazza. A partire dal 1933 trovò un compagno ideale per la scoperta delle Dolomiti del Brenta, in Bruno Detassis. Tra le loro imprese ricordiamo la scalata della parete nord Dos di Dalun e l’ascensione diretta della Torre Gilberti.
Nel 1935 scrisse la sua prima guida alpinistica su Le Pale di San Martino.
Una impresa diversa fu compiuta nel 1937, quando decise di partecipare ad una spedizione in Patagonia guidata da Aldo Bonacossa. Rientrato, in cordata con l’amico Vitale Bramani, conquistò la parete nord-ovest del Pizzo Badile. Grazie al valore dimostrato nel proprio cammino, ricevette la medaglia d’oro al merito alpinistico, un grande onore per lui, uomo semplice e dai lunghi silenzi contemplativi.
L’inizio del secondo conflitto mondiale cambiò la sua vita. Fu richiamato alle armi nel 1942, in qualità di sottotenente degli Alpini e istruttore alla scuola militare alpina di Aosta.
In seguito alla firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943, Ettore decise di aderire al CLN, Comitato di Liberazione Nazionale, formatosi a Romail 9 settembre dello stesso anno, con lo scopo di combattere il fascismo e l’occupazione tedesca sul territorio italiano.
Con alcuni ex-commilitoni organizzò, in una malga sull’Alpe Berio, sopra Ollmont,in Valpelline, valle laterale della Valle d’Aosta, un gruppo partigiano, che riuscì a portare in salvo oltre confine, centinaia di ebrei ed antifascisti, fra cui ricordiamo Luigi Einaudi, futuro primo presidente italiano. I fuggitivi che a loro si rivolgevano passavano attraverso la Fenêtre du Durand, un valico tra Valle d’Aosta e Canton Vallese a 2800 metri.
L’esperienza alpinistica e la posizione strategica a ridosso del confine con la Svizzera, solo tre ore di cammino, permisero al gruppo di svolgere una intensa attività.
Per autofinanziarsi Castiglioni e i suoi organizzarono un fiorente contrabbando di forme di formaggio con le stesse guardie svizzere. Approfittando del traffico, era facile far attraversare la frontiera ai fuggitivi.
Durante una di queste operazioni qualcosa andò storto e il giovane alpinista fu arrestato sul confine svizzero, con la pesante accusa di spionaggio e contrabbando.
Dopo 5 settimane di reclusione nelle carceri del Vallese, fu rimpatriato con il divieto assoluto di rientrare in Svizzera. Nel frattempo il suo gruppo di alpinisti contrabbandieri di uomini si era sfaldato, avendo perso il loro capo e guida.
Ma Ettore Castiglioni non poteva darsi per vinto. Doveva continuare nella sua opera perché molti altri avrebbero potuto essere portati in salvo oltre confine. Il rischio era grosso, come quando si apriva una nuova via, come quando si percorreva per la prima volta quello che poi sarebbe diventato un sentiero per molti. L’ 11 marzo del 1944, probabilmente su incarico del CNL, partì con gli sci dalla Capanna Porro, in Valmalenco, per dirigersi a Maloja. Con se aveva un passaporto falso, intestato ad un certo Oscar Braendli, cittadino svizzero. La polizia grigionese si accorse dello scambio di persona e procedette con l’arresto del Castiglioni, che fu rinchiuso al secondo piano dell’Hotel Longhin a Maloja, senza pantaloni, giacca a vento, scarpe e sci, in modo che la fuga gli fosse impossibile.
Ma può un uomo nato libero, che ha fatto della sua passione per la montagna e della conquista di nuovi percorsi una ragione di vita, farsi fermare in questo modo? Aveva una missione da compire e così alle 5 del mattino del giorno seguente, si calò con alcune lenzuola annodate dalla finestra.
Senza vestiti adatti, con addosso solo una coperta, un paio di pantofole di feltro e senza attrezzatura da scalata, si incamminò verso l’Italia, via Orden, Cavloc, ghiacciaio del Forno, passo del Forno. Riuscì a trovare nel villaggio un paio di sci e dei bastoni con i quali si diresse verso le montagne e verso la morte.
Poco dopo uno dei poliziotti svizzeri bussò alla porta della camera dove Castiglioni era stato lasciato la sera prima. Non trovò nessuno, solo la finestra aperta e il fresco del mattino che stava arrivando. L’allarme fu subito dato, ma dell’alpinista nessuna traccia. Le ricerche furono organizzate per arrivare al ghiacciaio del Forno, ma alle 10.45 del 12 marzo 1944 il gruppo decise di abbandonare ogni tentativo di trovare il fuggiasco. Le condizioni erano particolarmente avverse.
L’uomo fuggì, ma quell’ultima scalata verso la libertà, in difesa dei suoi ideali, gli fu fatale. Passò il confine, riuscendo a superare il passo del Forno e ad entrare in territorio italiano. Era a 2600 metri. Quel giorno Ettore Castiglioni sparì. Fu ritrovato il 5 giugno del 1944, tre mesi dopo, a 200 passi dal valico del Forno, con il viso ancora immerso nella neve.
Le vere ragioni di quel suo ultimo viaggio non sono mai state chiarite. Oggi il suo corpo riposa a Trenago, in provincia di Verona, dove la famiglia possiede una villa e dove lui stesso amava rifugiarsi per scrivere le sue guide lontano dal chiasso del mondo.

BIBLIOGRAFIA

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