Tomas de Torquemada

Tempo di lettura: 7 minuti

L'inquisitore era temuto, e molti per non incorrere nelle sue delicate attenzioni riportavano notizie, ora fasulle ora veritiere, degli accadimenti quotidiani.....

Il volto quasi emaciato.

Le labbra sottili.
Duro nel suo profilo aquilino.
Il viso senza rughe, a dispetto degli anni vissuti in battaglia.
Gli occhi neri illuminano l’espressione intelligente, penetrando nell’animo di chi siede di fronte.
Le mani lunghe, nervose e forti.
Il grande inquisitore era in preda ad un delirio d’amore.
La bella Concepcion de Saavedra era pretesa dalla ferma volontà dell’uomo, che superati i sessanta ancora non declinava pensieri torbidi nei confronti della ragazza.
La passione nacque in tempi lontani, quando l’uomo di Valladolid ancora non era famoso e potente.
Il fuoco inestinguibile non era domato.
Il padre della bella Concepcion in punto di morte affermò che “l’unica consolazione è che Torquemada non troverà mai mia figlia.”
Piccola e magra consolazione per un moriscos cui avevano appena distrutto la famiglia.
L’inquisitore era temuto, e molti per non incorrere nelle sue delicate attenzioni riportavano notizie, ora fasulle ora veritiere, degli accadimenti quotidiani.
Un servo senza famiglia, e senza onore, appena udita la confessione del povero padre corre, mirabilmente corre, all’indirizzo di fray Tomas. Il piccolo uomo non solo confessa dov’è nascosta Concepcion, ma riporta al potente frate notizie riguardanti la vita matrimoniale e sessuale della ragazza.
La donna, ospitata dal marchese di Herrera che l’aveva data in moglie al proprio figlio, era ancora vergine.
Il matrimonio non s’era consumato.
Torquemada agisce rapidamente.
L’inganno del matrimonio doveva essere svelato.
Il suo delirio d’amore trova pace nell’impetuoso incedere dell’uomo del Signore.
La decisione misurata non era nelle abitudini del frate ultrasessantenne che dimostrava il vigore di un giovane.
Loschi figuri si presentano nel paese del marchese di Herrera: gli sposi sono rapiti, con loro il prete che celebrò le nozze.
Concepcion è accolta dalle pareti di una meravigliosa stanza. Fray Tomas si premura d’andarla a trovare, di notte, aiutato e sorretto dal buio delle tenebre.
La ragazza non cede, deve rispettare la volontà del padre.
Torquemada promette le peggiori torture, conoscendone molte, per lei, il marito e per il prete la cui unica colpa fu di celebrare le nozze.
La tortura deve essere inflitta all’interno di un regolare processo, in fondo il padre di lei era un moriscos, un discendente musulmano di al-Andalus forzato ad abbracciare la religione cristiana dopo la partenza di Colombo per le Indie.
Quante strade sbagliate sul finire del XV secolo.
Il narratore spagnolo, da cui apprendiamo il vizio dell’inquisitore, non si sofferma sulle fasi del processo. Un aspetto del procedimento è al contrario ben analizzato: la tortura.
La tortura psicologica è l’arma iniziale di cui godevano, e ne godevano, i frati che istituivano i processi.
Nel caso di Concepcion, il frate Tomas de Torquemada utilizzò lo sposo per farla confessare. La ragazza fu portata nella stanza dove le fu mostrato lo sposo sospeso al soffitto.
La tortura psicologica non eccitava come la fisica.
Smuoveva la mente, non il corpo, di entrambi.
Le mani dovevano toccare, accarezzare ed infine maltrattare la donna.
L’inizio fu la corda.
Le mani della vittima vengono legate dietro la schiena, in modo che, la tensione della fune attraverso la carrucola, si producano strappi delle articolazioni superiori verso l’alto. La tensione della corda da un lato ed il peso del corpo sollevato, dall’altro, producono dolorose slogature.
Se il torturato non confessa, il tormentatore è pregato dall’inquisitore di legare dei pesi alle caviglie del reo.
Nel mezzo della tortura comparve la garrota. Era uno strumento di torsione applicata alle gambe o alle braccia. Si trattava di una corda tesa per mezzo di un arco, la quale ad ogni giro di arco si stringeva sui muscoli, provocando forti strette e insopportabili dolori ai nervi.
La fine fu la flagellazione.
Lo stesso Torquemada, con il viso nascosto da una maschera, fustiga il corpo nudo di Concepcion.
Le attenzioni passano in seguito allo sposo.
Gli spezzano i polsi, le caviglie, e decidono per un assaggio di cavalletto.
Le pene non si estinguono nel breve lasso di una giornata.
Gli bruciano con un ferro rovente i piedi e le mani, gli lasciano cadere piombo fuso sulle cosce fino a quando la ragazza cede.
Avrebbe acconsentito a qualunque cosa pur d’interrompere lo scempio.
Torquemada ancora una volta dominava.
Nel tempo e nello spazio.
Ancora una volta la violenza del suo agire permetteva il compimento d’azioni rivoltanti.
Fray Tomas ottenne ciò che da tempo inseguiva, ovvero il corpo della ragazza.
Giunto di fronte a lei, nel segreto di una stanza, l’uomo perse la battaglia con il frate.
Il suo Dio, o quello in cui lui credeva di credere, lo aiutò a non infliggere ulteriori patimenti alla donna.
La libidine fu sconfitta.
L’uomo che imperversava da anni sulle terre iberiche pianse di fronte al corpo di Concepcion.
Promise che l’avrebbe amata secondo le indicazioni del loro Dio.
Durante il periodo in cui Tomas de Torquemada fu capo indiscusso dell’Inquisizione spagnola, durato quindici anni, furono istituti oltre 100,000 processi ai danni di marranos, ebrei convertiti al cristianesimo di cui si dubitava la reale conversione, e di moriscos.
Le vittime furono almeno 2000.
Quante donne avranno subito le attenzioni particolari del Grande Inquisitore?
Il vizio per essere tale deve manifestarsi nell’individuo come un agire ripetitivo, e deve essere considerato dal contesto sociale moralmente riprovevole e fisicamente nocivo, per se o per gli altri.
Il comportamento ripetitivo si attuò?
Il vizio di Tomas de Torquemada attingeva non solo nella bellezza femminile ma, soprattutto, nell’odio verso gli ebrei: su questa particolare attenzione pesava il suo appartenere ad una famiglia di conversos, ovvero ebrei convertiti al cristianesimo.
Vizi segreti e virtù pubbliche.
Il suo odio per gli ebrei non restò nell’ombra.
Torquemada incarnò lo spirito del tribunale della Santa Inquisizione spagnola e la cacciata degli ebrei, divenuta realtà con l’editto di Granada del 1492, fu il coronamento di una vita dedicata all’eliminazione degli eretici, e degli ebrei, dalle terre di Spagna.
Una domanda che dovremmo porci è la seguente, Torquemada, leggenda o realtà?
Fu il giornalista spagnolo Julian Juderias il primo a usare il termine Leggenda Nera in un saggio apparso nel 1912. L’immagine si riferisce ad un riflesso intellettuale prevalente nell’Europa del Nord sin dalla seconda metà del XVI secolo. La Leggenda Nera ebbe lo scopo di mettere in rilievo gli aspetti più bui della società spagnola e del suo governo, così da mettere in guardia sulle conseguenze di una eventuale egemonia spagnola in Europa.
La Spagna divenne sinonimo di repressione.
I dati sono numeri.
I numeri non sono persone.
Una sola donna spogliata, torturata, seviziata, tormentata ed infine uccisa sarebbe troppo per un’istituzione religiosa che avrebbe dovuto portare il bene, ma che portò il male per sconfiggere coloro che si allontanavano dalla strada segnata.
La spada precedeva la croce.

BIBLIOGRAFIA

  • Maria Leonarda Leone – Il grande Inquisitore – Focus Storia, ottobre 2016
  • Helen Rawlings – L’inquisizione spagnola – Il Mulino, 2006
  • Franco Ingegneri – Torquemada: atrocità e segreti dell’inquisizione spagnola – De Vecchi, 1966
  • Natale Benazzi e Matte D’Amico – Il libro nero dell’inquisizione – Piemme, 1998

CONDIVIDI

Condividi su facebook
Condividi su twitter
Condividi su linkedin
Condividi su pinterest
Condividi su whatsapp
Condividi su email

COMMENTI

ARTICOLI CORRELATI

Le nostres storie direttamente nella tua mailbox