L’abitudine del nostro pensare ci conduce ad errori e storpiature della realtà.
Se dovessimo fare una classifica delle persone più sanguinarie e violente della storia saremmo portati ad assegnare la corona a qualche personaggio di sesso di maschile.
Probabilmente questa storpiatura della realtà è dovuta alla quantità di film, libri e serie televisive che parlano di serial killer uomini.
Un secondo aspetto, che purtroppo tocchiamo quotidianamente, riguarda l’uccisione di Eva per mano di Adamo. Nel 2016 quasi ogni giorno è avvenuto un femminicidio o un tentativo d’omicidio da parte dell’uomo nei confronti della donna che amava o aveva amato. Sembra logico pensare che sia l’uomo la principale fonte d’ispirazione per la letteratura che si occupa di omicidi seriali.
Il passato non sempre dipende dal presente.
Il personaggio storico cui dovremmo assegnare la medaglia del maggior numero di omicidi è una donna, che risponde al nome di Erzsébet Bàthory. Erzsébet nacque a Nyirbàtor, città dell’Ungheria nord-orientale, il 7 agosto del 1560, in una nobile famiglia tra le più potenti ai piedi dei Carpazi. L’albero genealogico dei Bàthory, casata protestante d’Ungheria, comprendeva eroi di guerra, cardinali ed era imparentata con i re di Polonia.
Il problema principale della famiglia risiedeva nella consanguineità, che generava malattie del sistema nervoso: un esempio lo troviamo nel padre di Erzsébet che aveva sposato la cugina,
Per questo motivo molti membri della casata erano affetti da schizofrenia e d’epilessia.
La giovane Erzsébet mostrava segni inequivocabili di squilibrio passando dalla quiete alla collera.
La tara genetica fu accompagnata dalla criminalità diffusa della vita quotidiana. La leggenda narra che a soli sei anni fu testimone di una durissima punizione inflitta ad uno zingaro che si era macchiato della vendita dei propri figli ai turchi. Lo zingaro, che si trovava nel castello della famiglia della ragazza come intrattenitore di corte, fu arrestato e condannato. L’alba del giorno seguente la giovane ragazza scappò dalla propria stanza per assistere al doloroso spettacolo della morte del condannato. Erzsébet decise spontaneamente di assistere alla macabra messa in scena dei soldati della casata Bàthory: presero un cavallo e lo legarono a terra, dopodiché tagliarono il ventre dell’animale per poterci infilare il corpo del condannato lasciando all’esterno la testa. Un soldato ricucì il ventre del cavallo con l’uomo al suo interno, per lasciarlo morire tra urla terribili.
La consanguineità e la violenza del quotidiano furono accompagnate dalla prematura morte del padre, fatto che avvenne quando la ragazza aveva solo dieci anni. L’anno seguente fu promessa in sposa a Ferenc Nadasdy, di sette anni più grande di lei, che si era affermato come combattente nelle armate che dovevano impedire l’avanzata dei turchi nel mondo occidentale.
Il futuro marito, considerato persona crudele e spietata, aveva studiato a Vienna dove si era dimostrato ottima atleta ma pessimo studente. Finiti gli studi si dedicò alla tortura: le vittime predilette erano i servi, che torturava sadicamente. Uno dei passatempi preferiti del ragazzo consisteva nel cospargere di miele una ragazza nuda e lasciarla, legata, vicino ad un’arnia.
Gli eventi criminali e sadici non abbandonarono la vita della ragazza.
Quando aveva 13 anni assistette alla soppressione di una rivolta dei contadini da parte del cugino, il principe di Transilvania. Dato che vi era solo il sospetto ma non la certezza della volontà di sovvertire l’ordine costituito, il cugino decise per una mattanza limitata: fece tagliare il naso e le orecchie a 54 persone, di umili origini, sotto gli occhi di Erzsébet.
L’8 maggio del 1575 sposò Ferenc Nadasdy. Al matrimonio fu invitato anche il sovrano del Sacro Romano Impero, Massimiliano II, il quale non poté partecipare a causa della lontananza, ma si curò di spedire una delegazione con un gioiello come regalo per le nozze.
Il dono più importante che ricevettero fu il castello di Sarvar, con i 17 villaggi vicini.
Le nozze furono un breve momento d’unione tra gli sposi poiché, Ferenc, era quasi sempre lontano da casa a causa della guerra contro i turchi.
Durante l’assenza del marito, la gestione del castello e dei villaggi passò sotto la diretta responsabilità di Erzsébet.
Occuparsi degli affari di famiglia non doveva essere impegno gravoso, e neppure divertente.
La giovane ragazza, per passare il tempo, si avvicinò alla magia e della sessualità sfrenata.
Il mondo dell’occulto faceva parte della vita quotidiana di Erzsébet poiché, da fanciulla, fu affidata alle cure di una balia che era dedita alla magia nera.
La storia si confonde nella leggenda.
La balia utilizzava sangue ed ossa di bambini per effettuare degli incantesimi.
Durante la forzata assenza del marito conobbe Dorothea, esperta di magia nera, che insieme ad un servo, Thorko, insegnarono l’arte magica alla ragazza.
La mente di Erzsébet, già malata per problemi di consanguineità, cedette.
In aggiunta alle cattive compagnie giunse anche un compito da parte del marito: disciplinare la servitù.
La ragazza prese alla lettera l’ordine, poiché procurare dolore alle giovani serve divenne il suo passatempo preferito.
La tortura fisica si accompagnava a quella psicologica: sovente faceva svestire le giovani donne davanti agli atri servi per il puro piacere d’umiliarle.
Frequentemente la violenza sfociava nell’omicidio. In questo fu influenzata dal marito che le insegnò svariati metodi di tortura. Tra questi il congelamento della persona: il malcapitato, spesso malcapitata, veniva denudato all’aperto in pieno inverno e bagnato con acqua gelata.
A garanzia del suo adeguamento ai voleri del marito esistono delle lettere tra i coniugi. In una di queste la donna scriveva: «Ho appreso da Thorko una nuova deliziosa tecnica: prendi una gallina nera e la percuoti a morte con la verga bianca; ne conservi il sangue e ne spalmi un poco sul tuo nemico. Se non hai la possibilità di cospargerlo sul suo corpo, fai in modo di procurarti uno dei suoi capi di vestiario e impregnalo con il sangue.»
Con l’aiuto dei fedeli servi, Erzsébet adescava le ragazze con la scusa di prenderle in servitù al castello. Una volta che le giovani donne entravano nella dimora della contessa venivano imprigionate nelle segrete sotterranee e costrette a subire umiliazioni di ogni genere.
Le torture che Erzsébet riservava a queste giovani donne erano terribili: ad alcune vittime veniva cucita la bocca, altre erano costrette a mangiare la propria carne. Inoltre cicatrizzava le ferite con il fuoco per allungare le sofferenze delle sventurate.
Durante una normale giornata di torture e mutilazioni avvenne un episodio che modificò radicalmente la vita della contessa: dopo aver schiaffeggiato una ragazza, alcune gocce di sangue colarono sulla mano di Erzsébet. La donna credette che in quel punto la sua pelle fosse ringiovanita. Chiese agli aiutanti, alchimisti e stregoni, delucidazioni. Costoro s’inventarono la storia secondo la quale il sangue di una giovane vergine aveva avuto gli stessi effetti sulla pelle invecchiata di un anziano aristocratico. La contessa decise che fare abluzioni nel sangue delle vergini, o berlo, le avrebbe garantito la giovinezza eterna.
Quando abbandonava il castello per spostarsi in altri luoghi, la contessa aveva delle particolari esigenze e riguardi nei confronti della servitù. Una delle donne, fatte prigioniere, sedeva al suo fianco sopra un sedile di aghi.
La contessa iniziò ad interessarsi alle giovani donne dell’aristocrazia locale poiché si convinse, o fu convinta, che il sangue delle donne di pari grado sociale fosse più efficace per il raggiungimento dell’eterna giovinezza.
Il marito ed i parenti conoscevano le inclinazioni della contessa, ma non intervennero.
Nadasdy, per dimostrare il suo amore, mandava alla moglie magie ed incantesimi che conosceva sul campo di battaglia. Erzsébet rispondeva raccontando tutte le nefandezze che compiva nel castello in sua assenza.
Possiamo considerare complice il marito?
Dobbiamo fare un passo in avanti. Le accuse, potenti e circostanziate, giunsero da un sacerdote protestante e letterato di Sarvar, Istvan Magyari, che in alcune lettere parlò della depravazione della contessa e dei crimini da lei eseguiti nel periodo in cui il marito era in vita. Secondo Magyari, il marito aveva tentato di richiamarla alla ragione, non fosse altro per lo scandalo che avrebbe colpito la famiglia. La situazione precipitò velocemente alla morte del marito, sempre secondo le lettere del sacerdote protestante.
Esistono delle lettere inviate dal marito alla moglie all’interno delle quali vi sono le spiegazioni di torture e sortilegi, per cui se non propriamente complice non possiamo considerarlo all’oscuro di quanto avveniva all’interno delle mura del castello.
Tra storia e leggenda esistono delle fonti che testimoniano la determinazione della contessa: fu Erzsébet ad organizzare i matrimoni dei figli, concedendo le figlie Anna e Katharina a nobili importanti e riuscendo ad inserire il figlio Paul presso un importante conte.
All’età di 45 anni la contessa era giunta all’apice della ricchezza e della potenza.
A cavallo del 1610 un colpo di scena distrugge le ambizioni della donna.
Cosa accadde?
Quando le denunce per le sparizioni delle giovani aristocratiche arrivarono alla chiesa cattolica, il Re Mattia II intervenne ordinando un’indagine sulla nobildonna.
Il conte Gyórgy Thurzo di Bethlenfalva, cugino dell’imperiosa nobildonna, occupò su ordine del re ungherese Mátyás II il castello di Čachtice.
Nel 1611 Erzsébet Bàthory fu arrestata in seguito a un’accusa infamante: le uccisioni efferate di diverse giovani donne che facevano parte del suo personale di servizio e di alcune ragazze di nobili famiglie.
L’accusa si basava esclusivamente sulle lettere del sacerdote protestante?
No.
Quando gli inviati dell’imperatore entrarono di nascosto nel castello, colsero sul fatto la contessa mentre torturava alcune ragazze; trovarono in molte stanze e nelle prigioni diversi cadaveri straziati e donne ancora vive con parti del corpo amputate. Fu incriminata e murata viva nella sua stanza con un foro per ricevere il cibo.
Altre quattro persone, tra cui la fedelissima domestica Ilona Joo e l’amante Laszlo, un esponente della piccola nobiltà locale, furono condannati come suoi complici e torturati con le seguenti sentenze: Fizkco fu decapitato e gettato nel fuoco, Ilona Joo ebbe le dita amputate e fu bruciata viva assieme a Dorka. Katalyna Beniezky, la meno cattiva del gruppo della contessa Bàthory, ebbe una condanna mite, perché ella si limitava solamente a nascondere i cadaveri delle fanciulle uccise e a volte cercava di dar loro da mangiare a rischio della sua stessa vita.
E la contessa sanguinaria?
Il 18 agosto del 1614 Erzsébet fece testamento.
Tre giorni dopo spirò.
Fu seppellita nella chiesa di Čachtice.
Un anno dopo morì anche la figlia Anna che non lasciò eredi.
Il patrimonio, immenso, fu diviso tra il figlio Paul e la famiglia della figlia Katharina.
Erzsébet sopravvisse alla morte fisica.
Sopravvisse alla storia.
Erzsébet è l’immagine vivente del vampiro che uccideva le giovani vergini per cibarsi del sangue che fluiva dai loro corpi.
Erzsébet nelle leggende popolari divenne la contessa sanguinaria.
Le donne e gli uomini torturati hanno trovato giovamento nella morte?
Probabilmente si, perché chi conosce l’abominio dell’annullamento fisico o psichico non potrà più ambientarsi nel mondo.