L’abbazia di Chiaravalle a Milano

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Nell’ottica dello sviluppo territoriale prefissato da Bernardo s’inserisce la nascita dell’abbazia di Chiaravalle presso Milano...
[Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce ti insegneranno cose che nessun maestro ti dirà] – San Bernardo da Chiaravalle
Bernardo nasce, terzo di sette fratelli, a Fontaine-lès Dijon nel 1090. Il padre, Tescelino il Sauro, era un vassallo d’Oddone I di Borgogna. La madre, Aletta, figlia anch’essa di un vassallo del duca di Borgogna. Bernardo studiò grammatica e retorica nella scuola dei canonici di Notre Dame di Saint-Vorles, luogo nel quale la sua famiglia aveva possedimenti. All’età di 20 anni rientra nel castello paterno per ritirarsi in preghiera. L’anno successivo, con altri 30 compagni, si fece monaco e si ritirò nell’abbazia cistercense di Citeaux, fondata 15 anni prima da Roberto di Molesmes. Nel 1115 si trasferì nelle proprietà di un parente nella regione dello Champagne, esattamente nella diocesi di Langres, dove costruiscono un monastero: chiamarono quella valle Clairvaux, ossia Chiaravalle. In breve tempo ottiene l’approvazione del vescovo, Guglielmo di Champeaux, e numerose donazioni che permettono l’irradiazione da Clairvaux ad altre zone.
[Il nostro progresso non consiste nel presumere di essere arrivati ma nel tendere continuamente alla meta]  – San Bernardo da Chiaravalle
Nell’ottica dello sviluppo territoriale prefissato da Bernardo s’inserisce la nascita dell’abbazia di Chiaravalle presso Milano. Intorno alla struttura si sviluppò un borgo agricolo che fu annesso a Milano nel 1923.
La complessa storia della struttura monastica ebbe inizio nel 1134, quando i primi monaci cistercensi giunsero in Italia, provenienti da Moiremont presso Dijon, per stabilirsi nella Pieve di Abbiategrasso. Un secondo gruppo di cistercensi giunse l’anno seguente, ospiti dei benedettini di Sant’Ambrogio, per sostenere Innocenzo II nella disputa contro l’antipapa Anacleto II. Bernardo giunse a Milano per convincere i milanesi a sostenere il papa e sospendere la guerra che contrapponeva Milano al resto della Lombardia. La città, o forse meglio dire le sue autorità, s’impegnò per riconoscenza verso Bernardo a costruire un monastero. Il monaco, che diverrà santo e non solo, decise di seguire personalmente la costruzione e lo sviluppo della struttura. Decisa l’ubicazione lasciò sul posto un gruppo di monaci con il preciso compito di raccogliere fondi a favore del monastero. Le prime costruzioni videro la luce nel periodo compreso tra il 1150 ed il 1160. La fine dei lavori risalirebbe al 1221, quando il vescovo di Milano, Enrico da Settala, consacrò la struttura a Santa Maria. All’interno della struttura si può ritrovare la lapide posta nell’occasione, che riporta la seguente dicitura: « Nell’anno di grazia 1135 addì 22.1, fu costruito questo monastero dal beato Bernardo abbate di Chiaravalle: nel 1221 fu consacrata questa Chiesa dal Signor Enrico Arcivescovo milanese, il 2 maggio, in onore di S. Maria di Chiaravalle.»
Dell’originaria costruzione non rimane traccia.
L’abbazia rappresenta uno dei primi esempi d’architettura gotica in Italia e grazie al lavoro dei monaci, che operarono nel campo idraulico ed agricolo, fu fondamentale per lo sviluppo economico del milanese negli anni successivi alla sua fondazione.
[Se poni mente a ciò che ti fuoriesce dalla bocca, dalle nari, da ogni tuo meato, dovrai convenire non esserci altro più repellente letamaio del corpo umano] – San Bernardo da Chiaravalle
Addentriamoci in questo luogo denso d’atmosfere perdute, di nebbie medievali e misteri irrisolti. La nostra attenzione è immediatamente rapita dal chiostro dell’abbazia. Per accedere al luogo si deve procedere lungo la navata di destra ed, in corrispondenza del coro posto al centro del luogo sacro, troverete una porta che vi consentirà l’immersione in un mondo dimenticato.
Il chiostro rappresenta la contemplazione. Vi sono quattro lati che rappresentano il disprezzo di se (lato est) il disprezzo del mondo (lato sud) l’amore per il prossimo (lato ovest) e l’amore di Dio (lato nord).
La base di tutta la costruzione è la pazienza.
La pazienza dei costruttori e di coloro che quei luoghi hanno vissuto ed amato.
Capitelli illuminati dal sole.
Simboli che provengono dal passato seguono il nostro peregrinare lungo sentieri levigati dai docili passi dei monaci.
Siamo attratti dall’unione.
Dall’uno che diviene multiplo di se stesso.
Il corpo immobile ammira la colonna annodata.
Questi elementi architettonici sono conosciuti con il termine di colonne ofitiche. Siamo alla presenza di una coppia di colonne unite insieme da un nodo. Elemento utilizzato durante il periodo romanico, quando si diffuse in un’ampia area geografica tra l’Italia, la Baviera e la Borgogna. La definizione deriva dal greco ophis, serpente. Particolarmente attivi nella loro costruzione furono i maestri comacini ed i monaci cistercensi. Il simbolo potrebbe rappresentare la doppia natura umana e divina di Cristo. Altra possibilità è data dall’unione del padre e del figlio tramite lo spirito santo.
Andrebbe sfatato il mito secondo il quale i monaci-costruttori cistercensi furono gli artefici, scopritori e primi costruttori di colonne ofitiche. Con molta probabilità le videro in altre costruzioni, a memoria personale riporto la Pieve di San Pietro a Gropina, e decisero di inglobarle nella loro arte per il profondo simbolismo che trasmettevano, o forse per quello che loro pensavano trasmettere.
La colonna di Chiaravalle supera il tempo e lo spazio che occupa.
Il maestro che costruì il nodo elevò la pietra a materia plastica.
La trasformò a suo piacimento.

Un paragone, forse ardito, mi appare all’improvviso: se la statua di Mosè realizzata da Michelangelo parlasse, potrebbe aiutarci a comprendere questa struttura architettonica?
Il nostro sguardo incontra i capitelli, che sono costituiti da un calice svasato decorato da foglie stilizzate dalle quali spuntano teste umane ed animali. La maggioranza dei capitelli è del tipo a crochet: espressioni tipiche dell’arte gotica dei secoli XII e XIII. Il capitello a crochet, o uncino, è essenzialmente costituito da una foglia a base larga che si assottiglia verso l’estremità; è possibile riscontrare un secondo ordine di foglie ad uncino disposte in direzione sfalsata rispetto a quella del primo.
Molto incisivo il capitello decorato da aquile con le ali spiegate.
Uomini ed animali si alternano.
Percorriamo il chiostro dimenticando il tempo, ed in alcuni istanti anche lo spazio.
Andiamo verso il lato sud, quello che rappresenta il disprezzo del mondo.
Volgiamo lo sguardo al cielo.
La Ciribiciaccola si eleva sopra la chiesa.
La data esatta di costruzione non è nota. Ipoteticamente è stata avanzato un periodo compreso tra il 1330 ed il 1340. La torre è attribuita a Francesco Pecorari da Cremona, a causa della somiglianza con il Torrazzo di Cremona ed il campanile di San Gottardo a Milano.
Interessante il termine Ciribiciaccola: potrebbe derivare dai piccoli della cicogna, ciri, o dallo sbattere del becco contro le colonnine della torre.
Dobbiamo uscire dal nostro noto.
Abbandoniamo l’idea della cicogna che porta i bambini a casa.
Nell’antica Roma esisteva una legge-cicogna che obbligava i figli a prendersi cura dei genitori.
Nel cristianesimo la cicogna simboleggia purezza, castità e vigilanza.
La cicogna appare sopra il portone d’ingresso all’abbazia.
San Bernardo, che ricordo promulgatore dell’Ordine dei cavalieri Templari, ha voluto lasciare un messaggio?
I monaci devono vigilare sul rispetto dell’ortodossia?
Devono controllare l’eresia dilagante?
[Solo un malato può comprendere ed avere compassione di un altro malato. I cristiani partendo dalle proprie sofferenze imparano a compatire quelle degli altri] – San Bernardo da Chiaravalle

Fabio Casalini

BIBLIOGRAFIA

  • Angelo Caccin, L’Abbazia di Chiaravalle milanese – Il Monastero e la Chiesa – Storia e Arte, Milano, Moneta, 1979
  • Giorgio Picasso, Monasteri benedettini in Lombardia, Milano, Silvana Editoriale, 1980
  • Ferdinando Reggiori, L’Abbazia di Chiaravalle, Milano, Banca Popolare di Milano, 1970

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