Lasciata Piedimulera risaliamo, lenti, i tornanti che conducono di fronte alla maestosità del Monte Rosa ed alla sua incredibile parete Est.
Il pensiero è costantemente alla ricerca di risposte.
Le troveremo?
Forse non oggi. Forse mai.
Abbiamo, purtroppo, smarrito gli antichi insegnamenti.
Il mistero è legato alla presenza di un grande masso, addossato al quale è il Santuario.
L’originale cappelletta è stata eretta direttamente sulla grande pietra.
All’interno della cappella vi è l’immagine della Madonna dispensatrice di miracoli.
In un tempo lontano tale icona fu protagonista di fatti prodigiosi tra cui il trasudamento di sangue.
Ritornando alla presenza del masso, le domande si sprecano!
Da dove può essere arrivato?
Da quanto tempo si trova in quella particolare posizione?
Per quale motivo hanno eretto un santuario a ridosso della pietra?
Le risposte non saranno facili da trovare.
Se delle risposte esistono.
Parlavo di ammirazione.
Tale sentimento è legato alla struttura del santuario.
Il masso è alle spalle dell’edifico, si poggia ad esso e sembra sostenerlo, il tutto a strapiombo sul torrente Anza, che in queste gole ringhia e disegna scenari fiabeschi.
La sacralità del luogo potrebbe avere aspetti che andrebbero oltre al fenomeno della trasudazione di sangue della Madonna.
Secondo il professor Tagliacarne, storico locale vissuto nel XIX secolo, il masso sarebbe giunto dalle montagne sovrastanti l’edificio attuale e nella sua irrimediabile caduta potrebbe aver risparmiato la piccola cappella ed il ponte che conduce alla stessa dall’abitato di Calasca Castiglione. Tale accadimento avrebbe accresciuto a dismisura la devozione verso la Madonna contenuta all’interno della cappella, in quanto gli abitanti videro l’intervento della mano della Beata Vergine nel fermare il masso dalla sacrilega distruzione.
Una teoria diversa è stata avanzata da un secondo storico locale, il professor Sandretti, secondo il quale l’accrescimento della devozione per la Madonna della Gurva è da far risalire all’epoca della grande peste in Ossola (intorno al 1630).
Secondo il Sandretti i contagiati sarebbero stati allontanati dal paese e confinati \”al di là\” del ponte, nelle vicinanze della originaria cappelletta. Quelle lunghe, solitarie e ripetitive giornate, con molta probabilità, riempite solamente dalle preghiere rivolte alla Beata Vergine, hanno influito notevolmente sulla devozione.
In che modo?
Secondo lo storico, qualcuno degli appestati salvatosi dalla malattia, avrebbe riconosciuto la guarigione come opera della Madonna, accrescendo notevolmente la devozione verso l’icona in questione.
Come sia andata ancora non lo sappiamo ma, sta di fatto, che, tra mistero e leggenda, la bellezza del luogo ha un “qualcosa” che ancora ci sfugge….
Fabio Casalini