Perché ci diciamo Ignoranti

Tempo di lettura: 7 minuti

Cara e dolce ignoranza!  A forza  di  possederti, o di essere posseduto da te - che non so  bene  come  sia  la  cosa) -credo  di  aver  trovato  la  tua  definizione...
A volte capita di imbatterci in libri che, nonostante il tempo trascorso, risultano essere sempre attuali!
 
Elogio dell’ignoranza.
Nei poveri nei ricchi. 
L’ignoranza di Platone.
L’ignoranza di chi compone i libri.
Cedo alla tentazione di scrivere un’altra operetta.

Cara e dolce ignoranza!
A forza  di  possederti, o di essere posseduto da te – che non so  bene  come  sia  la  cosa) -credo  di  aver  trovato  la  tua  definizione.
Tu  sei  la  verginità della  mente: e  perciò tanto  più  degna  d’essere  da me  preferita  a  quell’altra  conosciuta  dal  volgo, quanto  lo  spirito  immortale  sovrasta  alla  materia caduca.
Hai  quasi  sempre l’immenso  vantaggio di  durare  tutta la  vita de’ tuoi  cultori: quando  che  l’altra, fatte  le  debite  eccezioni, è  solita  andarsene  coll’aprile  degli  anni, e  qualche  volta  anche  col  marzo. Se  il  mondo  possedesse   quella  rara  facoltà che  si  chiama  buon  senso, e  quell’altra  più  rara  ancora  che  è  l’arte  di  stare  al  mondo, dovrebbe   possibilmente  attenersi  alla  più  rigida  e  inviolabile ignoranza.
Ve lo provo. 
Io divido  la  società  in  due  grandi  categorie, poveri  e  ricchi; o, in  altri  termini, gente  che  lavora  per  vivere ,e  gente   che  vive  per  far  lavorare. I  primi  bisogna  pur  troppo  che, bene  o  male, imparino un’arte: una  sola; guai  se  ne  imparano  due! La  sterminata  maggioranza  degli  uomini  avvezza  ad  esercitare  un solo  mestiere  solo  e male, non  può persuadersi  che  altri  ne  eserciti bene  un  paio: ciò  ripugna  all’amor  proprio, ciò  genera  invidia, ciò  vi  rovina  e  nell’uno  e  nell’altro.
Vi  dirò  cosa  sia  avvenuto  d’un  mio  povero  amico  che  vent’anni  fa  per  scherzo  osò  stampare  di  essere  medico-poeta. In  qualità  di  medico  ebbe  così  poca  fortuna da  dover    espatriare per  un umile  impiegatuccio, che  occupa  da  quindici  anni  senza  aver  mai  potuto  fare  un  passo  innanzi. E  in qualità  di  poeta si  triò  sul  capo  tante  inimicizie  e  tante  brighe  che  i  versi  gli  vennero  in odio  più  dei  debiti e  dei  rimorsi. Buon  per lui  che  sono  sempre là  io  a  consolarlo  delle  sue  sventure  col  ripetergli  tre  volte  al  giorno: “Impara, o  imbecille, a  voler  fare due  mestieri; e  ciò  che  è  peggio  ancora, a  dar  pubblici  saggi  di  far  bene  l’uno  e l’altro. Com’è  possibile  avere  amici? Hai  trovato  il  metodo  infallibile  per  farti  mal  volere  e  tradire  perfino  dai  protettori. Ringrazia  dunque  ben  bene  la  provvidenza, se  come  medico  non  ti  hanno  ancora  lasciato  crepare  di  fame, e  come  poeta  non  ti  hanno  mai  bastonato,  e  in certa  occasione  anche  impiccato”.

Ho  detto  che  un’arte  bisogna  impararla, bene  o  male. 
Siete  padroni  di  scegliere; quanto  a  me, per  la  vostra  felicità  vi  consiglio  a  impararla  male: appena  quanto  necessita  per  ottenere il  diploma, ed  esercitarla  legalmente: e  per questo, il  male è  già  di troppo, basta  il  malissimo. 
Cosi’  eviterete  la  grande  fatica  e  la  sterminata  noia  dello  studiare. Ciò  sia  detto  tra  noi,  con  prudenza: giacché  ai  ragazzi, tanto  per  cacciarli un po’  innanzi, bisogna  sempre  dare  ad  intendere  che  lo  studio  è  dilettevole, tanto  da  bastare  di  premio  a  se’  stesso, e  che  un  giorno  se  ne  accorgeranno,e  che  saranno  felici…
Si’, davvero! di  quella  felicità  che  tutti  aspettano  finché  si  va  a  goderla  nell’altro  mondo. Come  sono  invidiabili  i  dotti  che  rubano  le  ore  al  sonno, alla  mensa,  al  chilo, al  passeggio  e  a  tutti  i  bisogni  e  a  tutti  i  piaceri  per  logorarsi  la  vista  e la  vita  sui  libri! 
Più  studiano  e  più  si  spaventano  del  tanto  che  resta  a  studiare: è  la  sete  di  Tàntalo  non  mai  saziata; è  la  ruota  d’Issione  che  sempre  gira; è  la  fatica di  Sisifo  che  ricomincia  ogni  minuto; è  il  fegato  di  Prometeo  sbranato  a  perpetuità.  
Se  fanno  qualche  scoperta, si  tirano  addosso  un nuvolo  di  nemici  e  d’invidiosi: e guerre  scientifiche  accanitissime  e  perfidissime:  e  passare  per  visionari  o  per  ciarlatani ,  almeno  presso  i  contemporanei, cioè  vita  natural  durante. Per  colmo  di  delizia  si  riducono  a  consumarsi  di  livore  e  di  indignazione  vedendosi  posposti  ai  più  mediocri, ai  più  ignoranti… Capite? siete  voi  che  trionferete: persuasi di  sapere  tutto, sarete  contentissimi  di  voi  stessi, e  del  mondo che  non si  accorgerà  del  contrario. Per  quella  legge  mirabile  di  affinità  o  attrazione  che  fa  avvicinare  i  simili (chimica  non so se  morale  o  animale) sarete  desiderati, adoperati: vivrete  bene  e  lungamente: tramandando  ai  figli  vostri  un  nome  onorato  se  non  illustre, e, ciò  che  più  importa, un  buon  patrimonio. Facciano  altrettanto  , se  lo  possono, i  martiri  dello  studio, o  i  cosìddetti  Geni,  destinati  a  godere  dopo  la  morte   un  nome  famoso. Questo  tema  è  così  bello  e  vario  e  fecondo, che  mi  fermentano  qui  nella  zucca  tante  idee  da  scriverne  un  grosso  libro; ma  per  ora  basti; e  concludiamo  con  una  sincera  esclamazione: “Viva  l’ignoranza  di  chi  sarebbe  obbligato  a  studiare!”
Quanto  ai  ricchi, reputo  superfluo  il  dimostrare  come  loro  convenga  tenersi  l’ignoranza  a  compagna  indivisibile  e  perpetua: tanto più  che  molti  di  loro  sono  già  del  mio parere, e  agiscono  in  conformità. Io  m’immagino  d’essere  un  animale ( nel  significato  scientifico  e  nobile  della  parola), un  bell’animalone  da  duecento, da  trecento ,da  quattrocento  mila  lire  di  annua  rendita: anche  del  doppio  se  permettete. Via! almeno  nelle  ipotesi  che  non  costano  un  soldo  siamo  generosi. E  penso: “Perché  dovrò  io  seccarmi  a  studiare? che  cosa  mi  occorre  d’imparare? A  vestirmi  tocca  al  sarto: a  mantenermi  grasso  ci  provvede  il cuoco. I  miei  interessi  sono  in  mano  dei  procuratori, dei  ragionieri,  dei  fattori: Bisogna  vivere  e  lasciar  vivere. Se  un  insolente  mi  azzecca  qualche  garbuglio  in  possessorio,  se  un  indiscreto  creditore  vuol  frugare  nella  mia  cassa, lo  consegno  agli  avvocati  che  nulla  desiderano  di  meglio. E  quando  arriverà  la  mia  ora, i  più  bravi  medici  mi  ammazzeranno  colle  più  infallibili  regole  dell’arte: tutte  cose  che  non  mi  riguardano. 
Le  scienze  naturali  a  che  mi  servirebbero? Il  sole  viaggia  di giorno  e  le  stelle  vanno  a  spasso  di  notte a loro beneplacito (almeno  quando  non  ci  sono  le  nubi) senza  la  mia  permissione. Il  tempo  fa  pioggia, fa  secco ,fa  vento, fa  gelo, fa  caldo  a  mio  dispetto:  che  m’importa  delle  cause? è  anche  troppo  sentirne  le  conseguenze.

“Mi  dicono  di studiare  le  lingue  per i viaggi. 
Oibo’! 
Non  si  sa  mai  abbastanza  la  lingua  propria  e  si  dovrà  impacciarsi  di  quella  dei  forestieri? e poi  dappertutto  vi  sono  interpreti  e  servitori  di  piazza  che  parlano  per  noi: e  per  moltissime  faccende bastano anche  i  gesti: i  sordo-muti  non  esprimono  qualunque  idea senza la voce.  
Senza  la voce.

 
Tratto da: Il viaggio d’un ignorante
ossia ricetta per ipocondriaci 
composta dal Dottore Giovanni  Rajberti.
Nuova  edizione, Storpiata da un  analfabeta.
Volume Unico. NAPOLI
Presso  PERRES E  USIGLI  EDITORI
Strada  Nuova S.M.Ognibene,  n°35
1858.
                      
 
COSTITUZIONE  DELLA  REPUBBLICA  ITALIANA
ARTICOLO   1
L’Italia è una  Repubblica  democratica, fondata  sul  lavoro.
La  sovranità  appartiene  al  popolo, che  la  esercita  nelle  forme  e nei  limiti  della  Costituzione.
ARTICOLO   2
La  Repubblica  riconosce  e  garantisce  i  diritti  inviolabili  dell’uomo, sia  come  singolo  sia  nelle  formazioni  sociali  ove  si  svolge  la  sua  personalità, e  richiede  l’adempimento  dei  doveri  inderogabili  di  solidarietà  politica,  economica  e  sociale.
ARTICOLO  9
La  Repubblica  promuove  lo  sviluppo  della  cultura  e  la  ricerca  scientifica  e  tecnica.
Tutela  il  paesaggio  e  il  patrimonio  storico  e  artistico  della  Nazione.
Solo  alcuni  passi  del  più  bel  libro  mai  scritto, e  fu  scritto  col  sangue  dei  nostri  Padri, sulla  Libertà … La  nostra  Libertà… C’è  di che  meditare…
                                       
Fabio Viganò

BIBLIOGRAFIA

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