Vi era un tempo in cui le aquile rapivano i bambini?

Molte leggende sono nate per spaventare i bambini e tenerli tranquilli nelle lunghe notti invernali. 
Altre sono nate per incuriosirli.
Altre ancora per metterli in guardia da potenziali pericoli che la montagna riserva. 
Quella che andrò tra poco a raccontare non saprei soggettivamente inquadrarla in nessuna categoria. 

La storia si svolge tra le alture sovrastanti la città di Omegna e le cime della Val Grande:  narra del rapimento di un bimbo da parte di un’aquila. 

Tracce di questa leggenda si possono trovare sul libro Valgrande di Luciano Rainoldi del 1979. 
Il Rainoldi così racconta la leggenda:“Si narra che un pastore di Quarna Sopra con il povero gregge e la propria famiglia, arrivò all’inizio della primavera alla misera baita. Sistemate le prime cose, il pastore si allontanò nei campi, la moglie entrò nella baita a prendere il poco latte per darlo all’ultimo nato, ancora in fasce. In quel breve attimo, un’aquila ghermì il piccolo portandolo verso il nido. Angoscia e disperazione dei genitori, ma al tramonto dalle alte vette della valle del San Bernardino, numerose piccole fiammelle si accesero all’orizzonte, sempre più ingrandendosi sin là, ove il corpicino giaceva dilaniato. Tutti i pastori accorsero sul luogo e videro una folta schiera di angeli che avevano ricoperto i poveri resti con un manto di candidi fiori di narciso componendo la frase: – E nel Ricordo un Fior Offrite (E.R.F.O. acronimo che ha dato il nome alla località)-. Giova ricordare che allora i prati della zona non conoscevano il narciso. Da quel momento e per sempre, ogni anno, ecco riapparire il candido fiore.”

Vi sono molte possibili letture di questa leggenda e vi possono essere molti dubbi sulla storicità dell’avvenimento. 
Gli accadimenti sono fatti risalire al 1700. 

La cappella di Erfo è datata intorno alla metà del 1500, quindi molto antecedente rispetto al rapimento del bimbo. 

Inoltre è fatto risaputo che le aquile difficilmente attaccano l’uomo. 
Questa tesi potrebbe essere lungamente dibattuta: l’accadimento è avvenuto all’inizio della primavera, quindi nel periodo in cui le aquile vanno a caccia per sfamare i propri piccoli. Dovremmo capire se era una primavera povera di cibo, o meno, per intuire se il povero bimbo fu visto come una facile preda dall’aquila. 

Io mi sono limitato a raccontare quanto appreso negli anni tramite letture. 
Lascio al lettore qualsiasi voglia di interpretazione e il reperimento d’informazioni sull’argomento.

Fabio Casalini

BIBLIOGRAFIA

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