Vagarono due giorni nella prigione di neve

Riale, Valle di Formazza.

E’ il 28 dicembre 1953.
Inverno molto strano, due anni prima l’inferno ora la calma, ma è solo apparenza.
La montagna chiama.
Ore 8,30 del mattino, un gruppo di scout lascia l’albergo per effettuare il classico giro del passo del Gries con rientro dal passo di San Giacomo.
In estate è una lunga passeggiata, in inverno è solo lunga.
Quel dicembre sembrava diverso.
Cielo limpido ed azzurro, di quel colore che ti aiuta ad avvicinarti a Dio.
Faceva caldo, troppo.

Ore 11 il tempo volgeva frettolosamente al brutto.
Tutta al zona di confine dal Blinnenhorn al Passo di San Giacomo si era addensata.
Nuvole e bufera.
Ore 14 la colonnina del mercurio è precipitata!
Il vento, gelido, sferza le montagne e le sue valli.
Le giornate a dicembre sono corte, troppo corte.
Il gruppo di scout si trovava a ridosso del passo del Gries quando decise di continuare in direzione del passo Corno per sostare nel rifugio omonimo.
Mancavano 50 metri di dislivello, nulla.
Quel nulla era tutto.

La temperatura è precipitata vicino ai -20.
La bufera imperversa e non permette al gruppo di raggiungere il passo Corno.
Le bussole fuori uso.
La mappa inutilizzabile dato il buio incombente e l’impossibilità di trovare punti di riferimento.
Ore 18,30 il gruppo decide di fermarsi e passare la notte in quella zona, al riparo in alcune buche scavate nella neve.
Siamo intorno ai 2500 metri di quota. La temperatura rilevata era di -18° alle 18 e 30.
Condizioni di sopravvivenza limitate.

Eppure il corpo umano reagisce. Pigiati gli uni agli altri si fanno forza e coraggio. 
Arriva il mattino del 29 dicembre.
La neve ha coperto tutto come un pallido tappeto.
La bufera ritorna a gridare.
La Montagna chiama!

Ore 10 del secondo giorno: il gruppo si rimette in cammino.
La direzione che seguono è casuale. Partendo dal punto del bivacco provano tre strade senza fortuna.
Come sempre succede la quarta direzione, quella della probabile salvezza che gli avrebbe condotti in discesa verso l’alpe Bettelmatt, non venne presa per la prima disgrazia: uno dei ragazzi cade sfinito nella neve. Non vi era nulla da fare: morto! 
Piantarono gli sci del ragazzo nella neve e ripresero il cammino.
Passarono pochi minuti e la disgrazia iniziò ad assumere i caratteri della tragedia, un secondo ragazzo crollò nella neve.
Secondo paio di sci piantati nel terreno…..
Non passò un’ora che il terzo ragazzo perì nello stesso modo dei precedenti.
Gli sci piantati nella neve.
I superstiti erano troppo stanchi per poter anche solo pensare di trascinare con se i poveri resti dei deceduti.
Finalmente i ragazzi ed il capo gita riuscirono a trovare il baitello del Passo del Gries. 
Quante volte lo abbiamo visto? quante volte ci siamo passati di fianco senza degnarlo di uno sguardo? Per loro rappresentava la potenziale salvezza! Per noi \”moderni\” escursionisti \”solo\” il punto di riferimento del passo.
Quando videro il percorso di discesa verso l’alpe Bettelmatt prima e verso Morasco poi mollarono gli sci ed iniziarono a scendere.
In silenzio.
Arrivarono a Riale annullati nel corpo e nello spirito.
Subito partirono i soccorsi.
La gente di montagna è speciale in questi momenti.
Non pensa al rischio che corre ma al bene che può fare.
Furono organizzate diverse squadre per il recupero dei corpi.
Il 29 dicembre non riuscirono a trovarli.
Il 30 dicembre le condizioni meteo permisero alle squadre di recuperare i ragazzi.
Il 31 dicembre i corpi vennero ricomposti nella chiesa di Ponte.
Non vi furono festeggiamenti per la fine dell’anno.


Fabio Casalini.

BIBLIOGRAFIA

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