Perché da quando avevo sei anni sento il bisogno di raccontare storie.
Fin da allora. E subito orientandomi verso il thriller internazionale e spionistico, che non è l’unico genere che coltivo ma di certo quello che frequento di più. Ogni tanto, soprattutto in racconti brevi, scrivo anche di vicende relativamente minimali di singoli individui, ma da sempre mi interessa mettere a confronto i miei personaggi con fatti di portata storica. E la caratteristica della maggior parte dei romanzi pubblicati da ”Segretissimo” da oltre mezzo secolo è quella di unire giallo e avventura alla realtà internazionale.
Più che personaggi… categorie. Nel 1997, con il romanzo sul caso Lady Diana poi uscito con vari titoli (Morte accidentale di una lady in libreria, Ladykill in ”Segretissimo” e, l’ottobre scorso, Complotto in edicola come allegato al settimanale ”Stop”) ho indicato una pista per le indagini che viene seguita solo ora dopo sedici anni. In altri romanzi ho puntato il dito sui retroscena della Guerra del Golfo. In Malastrana ho raccontato il lato oscuro di una grande compagnia farmaceutica. Tempo fa abbiamo parlato del ruolo di «rompicoglioni pubblico» che può avere lo scrittore di gialli: senza mai rinunciare all’intrattenimento, ritengo mio dovere spingere il lettore a non accettare in modo acritico tutte le informazioni che arrivano dai media.
Nightshade: programma Firebird, firmato con lo pseudonimo François Torrent come tutti i romanzi di questa serie, mantiene gli stessi ingredienti: azione, indagine e avventura su un preciso sfondo storico-politico, anche se cerco di cambiare formula a ogni romanzo per non diventare ripetitivo. La mia protagonista, la spagnola Mercy Contreras alias Nightshade, ha cessato la sua attività di contractor da otto anni (ma per i lettori sono solo quindici mesi, dal romanzo Nightshade: Protocollo Hunt dell’agosto 2012). Quando due giovani sicari cercano, senza successo, di ucciderla, scopre che lei e la sua ex rivale boliviana Rosa Kerr alias Sickrose sono finite inspiegabilmente sulla lista nera di un’organizzazione criminale turca. Le due donne sono costrette a collaborare per risalire al mandante e nell’arco di una settimana, nel luglio 2013, scoprono che c’è in gioco molto più di quanto possano immaginare.
È Un giorno a Milano, che ho curato io stesso su idea di Paolo Roversi, pubblicata nel novembre 2013 da Novecento Editore: in questo momento è l’antologia più venduta in Italia, secondo i dati di ibs.it. Raccoglie nove storie inedite ambientate a Milano, in un arco di 24 ore, creando una sorta di romanzo collettivo costituito da racconti indipendenti. Oltre a me, vi partecipano veterani come Giancarlo Narciso, Stefano Di Marino e Paolo Roversi; autori che si sono afferamati negli ultimi anni come Giuseppe Foderaro, Ferdinando Pastori e il trio costituito da Riccardo Besola, Andrea Ferrari e Francesco Gallone con un racconto a sei mani; e due autori che si sono fatti notare di recente, Francesco Perizzolo, vincitore nel 2012 nel Premio Segretissimo GialloLatino per il racconto inedito, e Francesco G. Lugli, che in questi giorni è al secondo posto nelle classifiche ebook horror con il suo Sei passi nella nebbia (e al terzo posto c’è Stephen King!) Alcuni di noi hanno messo in scena i propri personaggi, quindi è anche l’occasione di vedere «insieme» il mio Carlo Medina e molti altri eroi e antieroi del thriller italiano contemporaneo, tutti coinvolti in storie che richiamano la Milano Calibro 9 di Giorgio Scerbanenco.
Erenst Hemingway diceva che «la morte è qualcosa di cui si può scrivere», Ian Fleming scriveva che «si vive solo due volte, la prima quando si nasce, la seconda quando si guarda la morte in faccia». Quando i miei personaggi sopravvivono, regalano al lettore una vittoria che, forse, lo incoraggia ad affrontare con più determinazione le avversità della vita. Ciò che accade nel mondo reale è il mio riferimento costante: per esempio, Nightshade: Programma Firebird tratta delle ambiguità della situazione in Siria, in cui si muovno governo contro ribelli, Hezbollah filoiraniani contro gruppi affiliati ad Al Qaeda e, a livello diplomatico, russi contro americani. È una guerra civile che rischia di estendersi olre i confini e che, anche se se ne parla meno di qualche mese fa, ancora miete vittime.
In questi ultimi decenni nelle zone di mondo più sviluppate si è consolidata l’ideologia del successo facile, a scapito della responsabilità. Ovviamente il successo non è per tutti ma favorisce chi riesce a garantirsi privilegi sulle spalle altrui. Così si tende a creare anche qui una situazione non dissimile da quella dei paesi sottosvilupati, in cui la ricchezza resta nelle mani di pochi. E quei pochi di rado si preoccupano di migliorare le condizioni dei «sudditi». Nel tempo i parassiti uccidono chi fornisce loro il nutrimento e devono trovarsi nuove vittime, noncuranti della loro sofferenza. Ma a lungo andare tutte le vittime si estinguono.
Milano ha dimenticato cosa significasse, ancora quaranta o cinquant’anni fa, essere milanesi, non necessariamente di nascita ma nello spirito. Voleva dire avere un forte senso del dovere, sapere che per arrivare da qualsiasi parte ci si doveva rimboccare le maniche, cercare di mgliorarsi, non semplicemente sgomitare per arrivare primi. Gli anni Ottanta della Milano da bere hanno creato invece una generazione di venditori di fumo. La crisi a Milano non è cominciata nel 2008, ma nel 1992, quando è crollata una parte del sistema che generava una ricchezza limitata peraltro solo ad alcune cerchie. Alcuni sono riusciti a mantenere i propri privilegi, altri no, altri ancora non ne hanno mai avuti. Milano è diventata una città che premia l’apparenza e penalizza la reponsabilità. E quindi una città ancora più faticosa di prima.
Spero che sia solo l’inizio. Anche se Bush premeva in quella direzione e Ahmadinejad non faceva nulla per ammorbidire la situazione, sarebbe stato disastroso se gli USA avessero trascinato loro stessi e l’Europa in un conflitto con l’Iran, mentre ancora non sono risolti i problemi in Afghanistan e in Iraq. Di riflesso, una rapporto meno conflittuale con l’Iran rende meno estrema la situazione in Siria, dove si confrontano le anime sciita (quindi filo-iraniana) e sunnita del mondo islamico.
Molto occasionale, tanto come lettore quanto come praticante. A dire il vero ho scritto quasi esclusivamente poesie in rima a sfondo umoristico, sul modello di Cecco Angiolieri… o di Rochester, il poeta inglese cui vent’anni fa ho dedicato un romanzo breve ripubblicato nel 2012 da Felici Editore. Le mie poesie licenziose sono apparse in un ebook collettivo gratuito da ErosCultura.com, che è anche l’editore di due miei ebook a sfondo erotico, tra cui Nuova carne, a quattro mani con Ermione, uscito nel settembre 2013.
Potrei dire T.S. Eliot per la poesia e Hemingway per la narrativa.
Solo in presenza del mio avvocato. Uhm, però a dire il vero non ho più un avvocato. Però il mio commercialista è stato in passato un campione di karate. Va bene lo stesso?
Nel tempo credo che Hammett abbia superato Chandler nella mia classifica personale. Come si sarà capito, considero Milano calibro Nove di Scerbanenco un testo fondamentale. Sono molto legato a Váquez Montalbán e in generale a molti degli autori di novela negraspagnola attivi dagli anni Settanta e Ottanta. Rimpiango i miei amici scomparsi Stuart kaminsky – che con il ciclo di Lew Fonesca ha superato se stesso – e Donald E. Westlake, che con la sua incarnazione di Richard Stark è sempre stato un modello di riferimento.
Sono lieto che sia tornato di moda. Devo confessare anzi che adoro l’ironia con cui si esibisce un’artista di nome Délice La Rouge, tanto che le ho chiesto di interpretare in un set fotografico la protagonista del mio nuovo ciclo horror Danse Macabre, che sarà inaugurato nel 2014 dal romanzo Le vampire di Praga. Potrete trovare gli scatti su una pagina dedicata su facebook.
Sono sempre rimasto sbalordito da come Kim Philby sia riuscito per decenni a muoversi ai vertici dei servizi segreti britannici, rischiando addirittura di essere promosso a campo del Secret Intelligence Service, pur essndo in realtà una talpa del KGB. John Le Carré mi odierebbe, se mi sentisse, dato che Philby lo ha bruciato rivelando la sua identità ai sovietici quando lo scrittore era un giovane agente inglese in Germania. E passo sopra a qualsiasi giudizio morale, dato che l’infiltrazione di Philby ha causato molte vittime. Ma il sangue freddo necessario per reggere questo gioco pericoloso con una doppia vita durata trent’anni è davvero invidiabile.
Potenzialmente… tutti. Se un servizio segreto serve un governo dittatoriale è sicuramente una minaccia non solo per gli altri paesi ma anche per i propri concittadini: basti pensare al ruolo repressivo di polizia segreta del KGB nell’Unione Sovietica. Ma anche in un paese democratico esiste il rischio che chi è autorizzato a operare in segreto e quindi a compiere illeciti che resteranno impuniti, anziché agire a fin di bene protegga interessi personali o segua agende politiche di parte. Un esempio: in alcuni miei libri recenti ho ricostruito la carriera di Howard Hunt, artefice di complotti e golpe per conto della CIA fino al fiasco della baia dei Porci a Cuba e probabilmente coinvolto nell’assassinio di John Fitzgerald Kennedy se non già anche nella morte di Marilyn Monroe; Hunt ha concluso la sua carriera quando è venuto alla luce il suo incarico come spia personale di Nixon, culminato nello scandalo Watergate.
Lo dichiaro apertamente: in quasi tutti i miei personaggi c’è qualcosa di personale, anche quando sono molto diversi da me. Un sentimento o un odio reali, trasposti in un proprio personaggio, lo rendono vivo e riconoscibile al lettore.
Siamo amici da molto tempo e lavoriamo insieme nell’organizzazione di serate di letteratura e spettacolo a Milano, un’attività culturale indipendente cui ha dato vita proprio Pinketts nel 1992. Sono da quasi vent’anni il suo braccio destro nel Seminario per Giallo e Bar, ovvero i Giovedi Mistero di Pinketts che nel 2013 hanno trovato nuova sede al Balubà Bar di via Carlo Foldi 1 a Milano. Nel contempo Pinketts è stato spesso il mio braccio… sinistro nelle serate Borderfiction all’Admiral di via Domodossola 16 e ogni tanto negli eventi che conduco al Torchietto Bistrò di via Ascanio Sforza 47. Un aneddoto pressoché quotidiano: quando siamo seduti a un tavolo a Le Trottoir, dove Pinketts è di casa, la conversazione è perennemente interrotta dal flusso di giovani donne che vengono a rendergli omaggio, ipnotizzate dal suo fascino misterioso. Sono i momenti in cui mi sento leggermente invisibile!
Soprattutto… dal suo modo di demolire le convenzioni del romanzo giallo, di cui La promessa è, dichiaratamente, il requiem. In questo lui, Pirandello e – in modo diverso ma non meno spiazzante – Agatha Christie hanno disfatto il classico giallo a enigma utilizzandone lo stesso rigore scientifico.
A dire il vero scrivere, prima che un lavoro, per me è una necessità. Tant’è vero che ogni tanto, fra un impegno e l’altro, sento il bisogno di scrivere raccontini che poi pubblico su una pagina facebook chiamata «Il racconto del venerdì di A.C.Cappi». Poi è anche un lavoro che richiede tempo, impegno, ricerche, professionalità… e altro tempo per la promozione del libro. Una parte della mia produzione esce in edicola con Mondadori, il che mi garantisce un pubblico vasto: in solo un mese di permanenza in edicola, più lettori di quelli che hanno molti titoli in libreria. Ora poi ci sono gli ebook, che permettono di recuperare un titolo anche quando non è più in edicola, mentre prima dopo un mese i volumi sparivano dalla circolazione. La zona d’ombra: il mio lavoro di traduttore mi impone di sacrificare il tempo dedicato alla scrittura e alla vita privata. Per poter fare in pace il mio lavoro di scrittore dovrei essere ricco e dedicarmi solo a quello.
Mercoledì 4 dicembre alle 21.30 all’Admiral di Milano (via Domodossola 16) si terrà l’ultima – almeno per me – di un’intensa serie di presentazioni di Un giorno a Milano, proprio nel luogo in cui è nata l’idea dell’antologia alla fine di un’analoga serata Borderfiction, meno di otto mesi prima. Giovedì 5 dicembre in via Troubetzkoy sul lungolago a Verbania, con un certo Fabio Viganò, ci sarà la «prima» del mio nuovo romanzo: cena con l’autore al Monte Rosso alle 20.00, cui seguirà la presentazione del mio nuovo libro.La settimana dopo, mercoledì 11 dicembre, di nuovo all’Admiral: si conclude l’annata delle serate Borderfiction con La notte dei misteri, ospiti Danilo Arona, Angelo Marenzana e Nadia Morbelli con i loro nuovi romanzi, presentati da Stefano Di Marino e da me. Infine giovedì 12 dicembre alle 20.30 ripresento Nightshade: Programma Firebird al Torchietto Bistrò sul Naviglio Pavese a Milano (locale in cui è ambientata una scena del romanzo) con uno spettacolo di flamenco allestito da Silvia Alonso, la ballerina che appare nel booktrailer. Poi mi ritiro in Spagna a lavorare e rientrerò in Italia a fine gennaio, in tempo per il festival GialloPistoia.
Grazie a te e a tutti i viaggiatori ignoranti!