L’anfiteatro romano di El Jem, l’antica Thysdrus

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El Jem, Thysdrus in latino, è una città del governatorato di Mahdia in Tunisia. La città fu costruita, come molti altri insediamenti romani in Tunisia, al posto di vecchi centri punici. Grazie ad un clima meno arido di quello attuale, la romana Thysdrus prosperò nel secondo secolo, quando divenne un importante centro per la coltivazione e l’esportazione di olio di oliva. Fu sede di una diocesi cristiana, tuttora retta da un vescovo della Chiesa cattolica.
Dai primi anni del III secolo, quando venne costruito l’anfiteatro, Thysdrus (El Jem) rivaleggiò con Hadrumetum (la moderna Susa) per il ruolo di seconda città romana del Nordafrica, dopo Cartagine. In seguito alla rivolta scoppiata nel 238, e del suicidio di Gordiano, le truppe romane leali all’imperatore Massimino Trace distrussero la città, che non fu mai ricostruita.
Non è possibile datare precisamente la distruzione all’interno del terzo secolo
L’anfiteatro romano di El Jem era spesso chiamato erroneamente colosseo poiché era in grado di ospitare 35 000 spettatori seduti. Solo il Colosseo di Roma, con più di 50 000 posti a sedere, ed il teatro di Santa Maria Capua Vetere erano più capienti. L’anfiteatro di El Jem venne costruito dai romani sotto il controllo del proconsole Gordiano I, il quale venne acclamato Imperatore a Thysdrus, intorno al 238 e fu probabilmente usato per spettacoli di gladiatori e corse dei carri.
L’origine di questi giochi risale forse a giochi che si tenevano in occasione dei funerali, ampiamente documentati nell’antichità. Nell’Italia meridionale (in particolare presso i Sanniti) sono descritti combattimenti anche cruenti in occasione delle cerimonie funebri. L’originario collegamento con funzioni religiose si attenuò col passare del tempo.
I combattimenti tra gladiatori conquistarono in breve la città di Roma, dove i giochi erano dapprima ospitati in luoghi non propri, poi ebbero sede in una struttura di legno, e infine ebbero un edificio monumentale degno della popolarità che riscuotevano nella Capitale. Da Roma in breve tempo si espansero in tutto l’Impero, dalle grandi città fino nei luoghi più sperduti, ed erano edifici di solito imponenti. Ad esempio, in un piccolo centro come Cividate Camuno è stato portato alla luce un anfiteatro di 73 x 65 metri, dotato di vari servizi, una palestra e terme riservate ai gladiatori.
La grand’espansione degli anfiteatri in tutto l’Impero si ha tra il I e il II secolo D.C.
Questi giochi godevano di una gran popolarità, e affluivano spettatori sia dalle città vicine, sia dalla campagna. Il numero di posti disponibili ci pare oggi modesto rispetto agli stadi moderni: l’anfiteatro più grande, il Colosseo, conteneva verosimilmente 40.000 o 50.000 spettatori, ma non sono rari anfiteatri con 2000-2500 posti che erano folle considerevoli per la popolazione dell’epoca.
Per facilitare gli spostamenti degli spettatori locali e dei forestieri, di solito gli anfiteatri erano collocati in periferia o fuori le mura lungo direttrici importanti.
Dopo la diffusione del Cristianesimo i giochi furono osteggiati dalle autorità religiose per la loro disumanità. Già dal IV secolo alcuni anfiteatri iniziarono ad essere demoliti (le pietre della summa cavea a Milano furono impiegati per le fondazioni della basilica di San Lorenzo nel IV-V secolo). La popolarità dei giochi durò nel tempo, eludendo sovente le proibizioni emanate dalle autorità. Costantino li vietò fin dal 326; sembra che a Costantinopoli l’interdizione fosse osservata, mentre nel 397 a Roma sono ancora citate le scuole di gladiatori (i ludi). Costanzo II li impose di nuovo, Valentiniano III decretò la fine dei giochi, anche se gli ultimi che si tennero al Colosseo furono celebrati da un regnante barbarico Teodorico nel VI secolo.
L’anfiteatro di El Jem fino al diciassettesimo secolo rimase più o meno intatto. Da quel momento le sue pietre furono usate per la costruzione del villaggio limitrofo d’El Jem e della Grande Moschea di Qayrawan e, in un periodo di tensione durante il conflitto con gli Ottomani, i Turchi usarono i cannoni per stanare i ribelli nascosti al suo interno.
Le rovine vennero dichiarate patrimonio dell’umanità nel 1979.

BIBLIOGRAFIA

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